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Archeologia

L'archeologia, lontana dall'essere una disciplina ausiliaria, appartiene piuttosto alle principali aree di interesse della ricerca storica. Attraverso lo studio delle vestigia materiali portate alla luce dagli scavi e interrogate mediante l'ausilio di altre fonti, scritte e iconografiche, e di altre discipline, quali le scienze naturali e l'antropologia, l'archeologia ha per suo oggetto la storia, intesa nella sua accezione più ampia. Con l'esplorazione degli archivi del sottosuolo e l'osservazione dell'evoluzione del paesaggio, l'archeologia contribuisce alla conoscenza di ciò che avrebbe potuto scomparire dalla memoria collettiva. Come le scienze umane in generale, anche l'archeologia non è completamente oggettiva e senza preconcetti: è vincolata alle conoscenze, ai modi di giudizio e di pensiero, addirittura alle ideologie, e non può far parlare la materia che interroga – per sua natura residuale – e tentare di restituire il passato se non attraverso il prisma deformante della realtà presente. L'uomo ha sempre nutrito una certa curiosità per le generazioni che lo hanno preceduto e per le tracce materiali che esse hanno lasciato. La ricerca di oggetti antichi ha una lunga tradizione, fatta di avvenimenti sia pittoreschi sia drammatici, e le finalità dell'archeologia, termine utilizzato già da Platone, si sono modificate a seconda dei tempi, delle dottrine e delle persone. Attualmente l'archeologia ha quale scopo centrale quello di approfondire la conoscenza della storia (cronologia, società, religione, mentalità, economia, tecnica, arte) e del contesto naturale (clima, paesaggio, fauna, flora) delle generazioni che ci hanno precedute, di dare un senso al passato e di salvaguardare, per quanto possibile, i luoghi della memoria, in modo che le generazioni attuali possano da un lato ritrovare le proprie radici e dall'altro attribuire al presente la sua dimensione più profonda. Tuttavia, la "caccia al tesoro", il saccheggio e il traffico illecito di oggetti antichi, il primato dell'opera d'arte o del monumento prestigioso, le preoccupazioni politiche e ideologiche o le derive nazionaliste sono tuttora fenomeni lontani dall'essere scomparsi. Ciononostante, l'archeologia dei tempi storici, che ha le sue radici nel Rinascimento e che in una fase iniziale è stata intimamente legata alla filologia e alla storia dell'arte, e l'archeologia dei tempi preistorici (fortemente debitrice, all'origine, dei metodi propri delle scienze naturali) si sono avvicinate senza rinunciare alle loro peculiarità, per costituire alla fine del XX secolo una scienza storica pienamente riconosciuta, capace di aprire dimensioni fertili e innovative e di rinnovare, a volte in misura decisiva, la nostra visione del passato. L'archeologia medievale, per quanto faccia ricorso ai medesimi metodi di ricerca, può fare riferimento a un apporto più sostanziale di fonti scritte o iconografiche. Dato che il suo campo d'indagine spesso si estende alle opere d'arte, una delimitazione epistemologicamente esatta rispetto alla storia dell'arte non è sempre possibile.

Cenni storici

La prima menzione relativa ad antichità osservate in Svizzera è costituita dalla cronaca di Königsfelden, redatta verso il 1440, che riporta la scoperta verso l'810 di un mosaico, di "monete pagane" e di una canalizzazione, probabilmente quella che riforniva di acqua il campo legionario di Vindonissa. Le rovine di Augusta Raurica vennero ricordate, descritte e a volte illustrate nelle opere di numerosi umanisti a partire dal 1488. I primi scavi di carattere scientifico eseguiti a nord delle Alpi furono effettuati dal 1582 al 1584 per iniziativa di Basilius Amerbach il Giovane, professore di diritto romano a Basilea. Nel 1839 la Società di storia di Basilea avviò delle ricerche, ma si dovette attendere fino al 1878 per i primi scavi sistematici.

Rovine di Augusta Raurica. Disegno tratto dalla cronaca Zirkel der Eidgenossenschaft di Andreas Ryff, 1597 (Musée historique de Mulhouse; fotografia Christian Kempf, Colmar).
Rovine di Augusta Raurica. Disegno tratto dalla cronaca Zirkel der Eidgenossenschaft di Andreas Ryff, 1597 (Musée historique de Mulhouse; fotografia Christian Kempf, Colmar).

L'interesse per Aventicum risale pure a umanisti del XVI secolo quali Johannes Stumpf, Aegidius Tschudi e Sebastian Münster. Su proposta delle autorità di Berna, David Fornerod (nel 1747) ed Erasmus Ritter (dal 1783) realizzarono un rilievo delle rovine e una pianta della città antica. Il Museo romano di Avenches (Musée Vespasien fino al 1837) venne fondato nel 1824; François-Rodolphe de Dompierre, suo conservatore e vero e proprio pioniere della difesa del patrimonio culturale, propose di intraprendere scavi regolari. Gli scavi sistematici del sito poterono tuttavia iniziare solo nel 1885, anno della fondazione della Pro Aventico.

I rinvenimenti di reperti antichi si moltiplicarono in Svizzera a partire dal XVII secolo; ad essi furono dedicati numerosi studi. Accanto all'epoca romana, che continuava a destare il maggior interesse, alcuni studiosi, ad esempio Johann Jakob Breitinger a Zurigo, Emanuel Büchel a Basilea, Léonard Baulacre e Jean Senebier a Ginevra, cominciarono ad orientarsi verso gli studi sul Medioevo. Già alla fine del XV secolo, peraltro, furono eseguiti degli scavi nei pressi delle chiese per ritrovare le ossa dei martiri. All'inizio del XIX secolo venne pubblicata l'importante opera di Franz Ludwig Haller, Helvetien unter den Römern (1811-1812) e i primi dizionari geografici, statistici e storici: quello del canton Vaud, di Louis Levade (1824), e quello del canton Friburgo, di Franz Kuenlin (1832).

L'anno 1832 costituisce una tappa importante della ricerca archeologica: in seguito alla scoperta casuale di due tumuli nei pressi di Zurigo, Ferdinand Keller fondò la Società degli antiquari di Zurigo, che si diede quale scopo lo studio delle vestigia di tutte le epoche e che creò un suo periodico (Mitteilungen der Antiquarischen Gesellschaft in Zürich) per permettere la pubblicazione delle ricerche. L'esempio zurighese fece scuola e un po' dappertutto vennero create associazioni di storia e di archeologia (società di storia): nel 1837 la Società di storia della Svizzera romanda, nel 1838 la Società di storia e di archeologia di Ginevra; nel 1840 la Società di storia di Friburgo; nel 1841 la Società svizzera di storia; nel 1842 la Società degli antiquari di Basilea, derivata dalla Società di storia di Basilea; nel 1846 la Società di storia di Berna; nel 1864 la Società di storia e di archeologia del canton Neuchâtel. Da allora si susseguirono numerose pubblicazioni, fra cui un Recueil d'antiquités suisses (1855), redatto da Gustav von Bonstetten, seguito dalle carte archeologiche dei cantoni di Vaud (1874) e Friburgo (1878). Nel 1841 Frédéric Troyon, a cui si deve l'avvio dell'archeologia comparata, pubblicò, in un testo che rimane esemplare per l'epoca, i risultati degli scavi della necropoli di Bel-Air, la prima in Svizzera ad essere scavata sistematicamente; nel 1845 fu il primo ad applicare una cronologia corretta a un cimitero "barbarico", indicando l'origine burgunda della necropoli vodese. Ancora in ambito medievale Jacob Burckhardt pubblicò nel 1838 le Bemerkungen über schweizerische Kathedralen e l'architetto ginevrino Jean-Daniel Blavignac, nel 1853, l'Histoire de l'architecture sacrée du IVe au Xe siècle dans les anciens évêchés de Genève, Lausanne et Sion, uno dei primi saggi di archeologia monumentale medievale su un vasto territorio.

Indagini archeologiche nel lago di Ginevra nel 1854. Disegno ad acquerello, tratto dal corso di Preistoria di Adolf von Morlot (Bernisches Historisches Museum; fotografia Stefan Rebsamen).
Indagini archeologiche nel lago di Ginevra nel 1854. Disegno ad acquerello, tratto dal corso di Preistoria di Adolf von Morlot (Bernisches Historisches Museum; fotografia Stefan Rebsamen). […]

Nel 1854, nel corso di lavori edilizi a Obermeilen, sulle rive del lago di Zurigo, in un periodo in cui le acque del lago erano eccezionalmente basse, vennero alla luce le vestigia di una stazione palafitticola, tra cui diversi pali che emergevano dalla creta lacustre. Ferdinand Keller, subito informato, colse immediatamente l'importanza eccezionale della scoperta: grazie ad essa si poteva risolvere il problema della cronologia dei periodi preistorici. Fino ad allora, infatti, tutto ciò che era anteriore all'epoca romana, dal Neolitico fino al periodo di La Tène, veniva qualificato come elvetico o celto-elvetico. Ancora nello stesso anno, Keller scrisse il primo rapporto sulle palafitte, in cui le tracce osservate vennero attribuite a costruzioni lacustri preistoriche ben più antiche dei Celto-Elvezi. La scoperta e i lavori di Keller, che furono all'origine dell'immagine idilliaca degli insediamenti dei palafitticoli, ebbero ampia risonanza in tutta Europa: i laghi svizzeri furono oggetto di intensi studi, e ben presto le ricerche si estesero a tutto il contesto europeo. Questa immagine delle stazioni lacustri, largamente diffusa dagli almanacchi e dai manuali scolastici, rimase popolare fino all'inizio del XX secolo e contribuì, attraverso la volgarizzazione dell'archeologia, a rinforzare la coesione nazionale: come reazione ai vecchi miti alpestri dell'ancien régime, gli insediamenti lacustri divennero il simbolo dell'apertura, del progresso e del benessere sociale. Nel 1857 Friedrich Schwab portò alla luce il sito di La Tène, sui bordi del lago di Neuchâtel, la cui esplorazione ne rivelò poi la ricchezza e determinò l'attribuzione del medesimo nome alla civiltà celtica della seconda età del Ferro (cultura di La Tène). Edouard Desor, che nel 1858 presentò una comunicazione su questa scoperta, fu il primo a proporre nel 1865 la bipartizione dell'età del Ferro (Hallstatt e La Tène), poi ripresa da Jakob Heierli nel volume Urgeschichte der Schweiz (1901) e presto universalmente adottata. Tra il 1898 e il 1916, l'archeologia del periodo di La Tène conobbe importanti progressi grazie allo studio delle grandi necropoli sull'Altopiano svizzero. Il vodese Albert Naef, primo archeologo cantonale della Svizzera, tra il 1901 e il 1903 effettuò degli scavi nella necropoli di Vevey-En Crédeilles (su cui poi pubblicò testi esemplari) proponendo una delle prime serializzazioni cronologiche delle sepolture. Il suo assistente David Viollier, che nel 1916 pubblicò la sua opera più importante (Les sépultures du second âge du Fer sur le Plateau suisse) divenne uno specialista di fama internazionale. Lo scavo della necropoli di Münsingen-Rain (canton Berna), all'epoca la più grande in Svizzera, sotto la direzione di Jakob Wiedmer, e la rapida pubblicazione dei risultati (1907) permisero di precisare ulteriormente le scansioni cronologiche. Per i periodi più antichi, ebbero importanza particolare la scoperta e lo scavo degli insediamenti del Paleolitico superiore nel canton Sciaffusa (caverne del Kesslerloch e di Freudental), le prospezioni di Emil Bächler (che già dal 1903 dimostrò la presenza del Musteriano) nelle Alpi e, nel 1926, la scoperta, ad opera di Paul Vouga, delle prime tracce mesolitiche osservate in Svizzera presso Le Locle. Lo stesso Vouga aveva poco prima messo in luce il sito di Auvernier e proposto la prima cronologia del Neolitico in Europa occidentale. L'archeologia medievale si sviluppò con lo studio dei cimiteri dell'alto Medioevo e con le misure prese per la protezione dei monumenti storici (Johann Rudolf Rahn, Albert Naef).

Lo sviluppo della ricerca archeologica e la necessità di conservare i monumenti storici si tradussero nella creazione o nell'ampliamento di musei. Le antichità del canton Vaud vennero dapprima riunite nel Museo cantonale (1818-1820) e poi trasferite nel Palais de Rumine (1904-1905); il Museo romano di Avenches divenne proprietà del canton Vaud nel 1838; nel 1856 venne fondato il Museo storico di Basilea e nel 1881 quello di Berna, mentre nel 1910 prese vita il Museo d'arte e di storia di Ginevra, nato dall'accorpamento di diversi Musei. Il Museo nazionale svizzero (MNS), inaugurato nel 1898, raccoglie collezioni di antichità (dalla Preistoria in avanti) che provengono da tutto il territorio svizzero e si fa garante della protezione del patrimonio nazionale al di là del particolarismo dei singoli cantoni. Prima dell'ingresso dell'archeologia "nazionale" nelle Università, il Museo nazionale svolse un ruolo importante nell'esplorazione scientifica delle testimonianze archeologiche, sia direttamente sul terreno sia nella ricerca di laboratorio. Attualmente, il Laténium, inaugurato a Hauterive (NE) nel 2001, è il museo archeologico più grande della Svizzera; la sua esposizione presenta 50'000 anni di storia. La fondazione della Società svizzera di preistoria (Società svizzera di preistoria e d'archeologia, SSPA, dal 1966; Archeologia Svizzera, AS, dal 2006) nel 1907, nata dal bisogno di riunire e di coordinare gli sforzi degli specialisti e rafforzare la loro posizione presso le autorità, ha avuto un importante ruolo nella divulgazione delle conoscenze tanto presso gli studiosi quanto presso un pubblico più vasto. Dopo l'archeologia greco-romana, insegnata per la prima volta a Ginevra dal 1815, l'archeologia "nazionale" è stata progressivamente inserita nei programmi delle Università di Neuchâtel (1910), Ginevra (1914), Losanna (1915), Berna (1917), Zurigo (1934) e Basilea (1961). I cantoni si sono inoltre gradualmente dotati di strumenti legislativi volti a regolamentare l'esplorazione archeologica e la protezione del patrimonio, in particolare la conservazione dei monumenti storici (protezione dei beni culturali). Nel 1878, per porre rimedio alla depredazione delle antichità legata all'abbassamento artificiale dei laghi di Neuchâtel, di Bienne e di Morat, il Consiglio di Stato di Neuchâtel vietò gli scavi o la raccolta di oggetti antichi sulle rive del lago senza la sua autorizzazione; il canton Vaud, primo in Svizzera, adottò nel 1898 una legge sulla tutela dei monumenti e degli oggetti d'arte di valore storico o artistico.

Sviluppo e struttura dell'archeologia in Svizzera

L'intensificarsi dei lavori edili e del genio civile dovuto alla ripresa economica del dopoguerra ha costretto l'archeologia a dedicarsi quasi esclusivamente a interventi di emergenza, nel tentativo di salvaguardare pagine spesso essenziali della nostra storia. Il perfezionamento dei metodi di scavo sia terrestre che subacqueo, di registrazione (fotogrammetria, informatica) e di interpretazione (elaborazione e simulazione computerizzata di modelli, etno-archeologia); lo scavo di grandi superfici che ha permesso (sia sulla superficie terrestre che sott'acqua) di conoscere non più solo delle unità isolate, ma degli insediamenti, delle fattorie o delle necropoli intere; lo studio minuzioso dei monumenti dalle fondamenta al tetto (analisi dell'opera muraria, delle malte, degli stucchi, della travatura) che precede ogni intervento di restauro; il passaggio dal concetto di sito a quello di ambiente e di paesaggio; lo sviluppo dei metodi di datazione, in particolare la dendrocronologia (capace di determinare, quando lo stato di conservazione del legno lo permette, l'anno o addirittura la stagione) e il metodo del radiocarbonio (C14, in grado di stabilire l'età di materiali organici antichi fino a ca. 40'000 anni anche sulla base di un solo milligrammo); il ricorso alle analisi fisico-chimiche per l'identificazione dei materiali e delle tecniche e alle scienze ausiliarie (sedimentologia, palinologia, archeozoologia, paleoantropologia) hanno messo in discussione buona parte delle cronologie e delle convinzioni acquisite, modificando la nostra visione del passato. Le riflessioni metodologiche, in particolare sui concetti di culture, popoli, rottura o continuità, si sono diversificate e approfondite. Lo sviluppo di un'archeologia preventiva, basata su inventari dei siti e su carte archeologiche elaborati grazie ai documenti di archivio e con l'aiuto di metodi di prospezione (fotografia aerea, resistività elettrica, magnetometro a protoni, radar terrestre, rinvenimenti in superficie, perforazioni, carotaggi, sondaggi meccanici), la creazione di una legislazione adeguata e un migliore coordinamento tra i servizi archeologici e quelli del territorio hanno contribuito a individuare delle aree in cui i lavori di costruzione sono vietati o subordinati all'esigenza di tutela delle vestigia o di scavi precedenti.

Rappresentazione schematica del metodo dendrocronologico © 1998 DSS e Laurent Auberson, Atelier d'archéologie médiévale, Moudon.
Rappresentazione schematica del metodo dendrocronologico © 1998 DSS e Laurent Auberson, Atelier d'archéologie médiévale, Moudon. […]

Sul piano legislativo, l'articolo 724 del Codice civile svizzero del 1907 conferisce ai cantoni la proprietà dei beni culturali mobili di riconosciuto interesse scientifico. I beni immobili rimangono invece sottoposti al regime della proprietà fondiaria: per la loro protezione il cantone deve classificarli o acquisirli attraverso l'acquisto o l'espropriazione. I cantoni sono dunque responsabili degli scavi archeologici e della conservazione del patrimonio sul loro territorio. La maggior parte di essi ha provveduto, fin dal 1958, a dotarsi di una nuova base legislativa e di servizi archeologici per garantire l'inventario, la protezione preventiva e, qualora divenisse inevitabile, lo scavo dei siti. Nel 1970 è stata fondata l'Associazione svizzera degli archeologi cantonali che si adopera soprattutto per il riconoscimento della disciplina, il miglioramento delle leggi, la formazione professionale dei tecnici di scavo (mentre per quella degli archeologi sono competenti le università) e la collaborazione intercantonale e internazionale. Su richiesta dei cantoni la Confederazione sovvenziona i lavori di scavo o di restauro, attraverso l'intervento della commissione federale dei monumenti storici, che a sua volta dipende dall'ufficio federale della cultura ed è assistita nelle sue attività da un gruppo di esperti e consulenti. La creazione della rete nazionale di autostrade a partire dagli anni 1960 è stata l'occasione per definire le modalità di una collaborazione tra il servizio federale delle strade e gli archeologi in modo da poter garantire la tutela o l'esplorazione scientifica dei siti minacciati dai lavori pubblici. Un decreto federale del 1961 precisa le sfere di competenza: per prospezioni, scavi e rilievi scientifici è finanziariamente responsabile la Confederazione; i cantoni provvedono invece alla pubblicazione dei risultati e alla conservazione degli oggetti. Il servizio archeologico delle strade nazionali, istituito nel 1960 e sciolto nel 2012, in cui figuravano rappresentanti della SSPA e dell'ufficio federale delle strade, ha promosso la collaborazione tra archeologi e pianificatori (l'ufficio federale delle strade dispone dal 2011 di un servizio specializzato in archeologia). Dal 1960 al 1991 sono stati così investiti 395 milioni di frs. nella ricerca archeologica sui cantieri delle strade nazionali; tale somma corrisponde a una parte modesta, pari al 2,75‰, dei costi totali. La quantità di dati scientifici recuperati (dal Paleolitico ai tempi moderni) è, d'altra parte, molto consistente. La seconda correzione delle acque del Giura ha reso necessaria, tra il 1961 e il 1965, una serie di scavi; condotti sotto la supervisione della SSPA, essi hanno permesso l'esplorazione di numerosi siti, in particolare quelli del ponte celtico di Cornaux e del ponte romano del Rondet.

Anche l'archeologia medievale ha conosciuto, dagli anni 1960, un continuo sviluppo, il che ha consentito il restauro di numerose chiese. L'interesse si è rivolto anche ai cimiteri dell'alto Medioevo, ai castelli e agli abitati urbani, e più recentemente ai villaggi e ai siti scomparsi. Anche gli oggetti della vita quotidiana (compresi quelli del XVI-XVIII secolo) sono guardati con crescente interesse.

Alcune missioni archeologiche svizzere all'estero 1949-1998
Alcune missioni archeologiche svizzere all'estero 1949-1998 […]

Attualmente la maggioranza dei cantoni dispone di un servizio archeologico responsabile della gestione del patrimonio, di un apparato legislativo adeguato e di un periodico (talvolta di una serie monografica) che assicura la pubblicazione delle ricerche. Gli scavi, affidati esclusivamente a professionisti, sono condotti dai servizi stessi o, su mandato, da università, archeologi indipendenti o imprese private. Il finanziamento è garantito dalla Confederazione, se si tratta di lavori resi necessari dalla costruzione di strade nazionali, o dai cantoni con il possibile sostegno di sovvenzioni federali messe a disposizione dalla commissione federale dei monumenti storici o dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica. Per la conservazione e il restauro del materiale proveniente dagli scavi, già avviato sul cantiere, sono stati creati o migliorati dei laboratori nella maggior parte dei musei, mentre i Politecnici federali di Zurigo e Losanna dispongono di laboratori per le analisi delle materie specializzati in questo campo. Oltre all'AS, che pubblica due periodici (l'Annuario e Archeologia svizzera), monografie, i Résumés d'archéologie suisse e guide archeologiche, numerose associazioni o fondazioni (Pro Augusta Raurica, Pro Aventico, Pro Lousonna, Pro Octoduro, Pro Vindonissa, Pro Vistiliaco) sostengono finanziariamente i lavori e le relative pubblicazioni. In alcuni cantoni circoli regionali contribuiscono a stimolare l'interesse del pubblico dando vita a conferenze, corsi, visite agli scavi ed escursioni. I professionisti sono organizzati in associazioni o, secondo i periodi di studio, gruppi di lavoro, quali il Gruppo di lavoro per le ricerche pre- e protostoriche in Svizzera, l'Associazione per l'archeologia romana in Svizzera, il Gruppo di lavoro svizzero per l'archeologia del Medioevo, l'Associazione svizzera di archeologia classica. L'archeologia teorica e pratica viene insegnata in sette università: tutte dispongono di una cattedra per l'archeologia classica, ma non per la preistoria (insegnata a Basilea, Berna, Ginevra, Neuchâtel e Zurigo), l'archeologia delle province romane (materia di studio a Berna e Losanna) e l'archeologia medievale, per cui occorre fare capo a Zurigo. Dal 1989 l'Associazione svizzera degli archeologi cantonali e l'Associazione svizzera del personale tecnico degli scavi archeologici rilasciano un diploma di tecnico di scavo riconosciuto dalla Confederazione. La valorizzazione dei siti attraverso l'allestimento di passeggiate archeologiche (Augst, Avenches, Kaiseraugst, Lausanne-Vidy, Martigny, Neuchâtel-Hauterive, Windisch), di cripte archeologiche (S. Pietro e S. Gervasio a Ginevra) o di musei integrati fra le rovine (Lausanne-Vidy, Martigny, Nyon), l'organizzazione di esposizioni, di atelier culturali ed educativi, di escursioni e di visite guidate nei cantieri e l'intensificarsi dei contatti con le scuole contribuiscono a destare e a sviluppare nell'opinione pubblica una coscienza del valore del patrimonio archeologico e dei pericoli che lo minacciano. Gli scavi e le ricerche all'estero finanziate dalle università, Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica o da fondazioni quali la Scuola svizzera di archeologia in Grecia (l'unica missione permanente all'estero, nel sito di Eretria sull'isola di Eubea) o la Fondazione Svizzera-Liechtenstein per la ricerca archeologica all'estero, si svolgono regolarmente in Egitto, Ecuador, Francia, Grecia, Italia, Sudan, Giordania e Siria.

Quale sarà il futuro della disciplina? I progressi a livello metodologico e lo sviluppo delle tecniche di registrazione e di analisi (archeografia e archeometria), delle banche dati, dei metodi statistici multidimensionali o delle applicazioni dell'intelligenza artificiale dovrebbero fornire all'archeologo strumenti sempre più precisi ed efficaci (a condizione, tuttavia, che la meccanizzazione e la molteplicità delle informazioni permettano la conservazione delle possibilità di scelta, di osservazione e d'interrogazione e che non offuschino la visione d'insieme); in tal modo, l'archeologo dovrebbe dunque potere avere più tempo per l'interpretazione, per il suo mestiere di storico, che costituisce la sua vera ragion d'essere. L'archeologia industriale, ancora troppo trascurata, dovrebbe svilupparsi unitamente alla riflessione sui sistemi socio-culturali attraverso il ricorso all'etnoarcheologia. L'archeologia avrà probabilmente un ruolo sempre più rilevante nella protezione e nella valorizzazione del patrimonio culturale. Dovrà mettere in evidenza come la vita quotidiana di altri tempi non avesse solo aspetti spettacolari e come un monumento carico di storia o un paesaggio trasformato nel tempo dall'azione umana richiedano, in quanto fonti della memoria collettiva e oggetto di scienza, il sostegno politico e finanziario di tutta la comunità. Senza un'ampia presa di coscienza del valore del patrimonio archeologico e la piena consapevolezza dei pericoli che lo minacciano, la tutela di questo bene comune non potrà che essere un tentativo destinato al fallimento.

Riferimenti bibliografici

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Link

Suggerimento di citazione

Daniel Paunier: "Archeologia", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 26.08.2019(traduzione dal francese). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008253/2019-08-26/, consultato il 29.03.2024.