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Armi chimiche

Sono considerate armi chimiche le sostanze chimiche allo stato liquido, solido o gassoso utilizzate in ambito militare, trasportate da granate, razzi o aeroplani sugli obiettivi definiti e in grado di uccidere o di rendere temporaneamente inabili al combattimento. Nonostante ripetuti bandi contro il loro utilizzo in caso di conflitto (ad esempio nel Protocollo di Ginevra del 1925), per lungo tempo non vi fu un divieto di diritto intern. al loro riguardo. Nel 1995 la Svizzera ha ratificato una convenzione intern., riconosciuta alla fine del 1996 da 64 Stati, che proibisce lo sviluppo, la produzione, l'immagazzinamento e l'uso di armi chimiche.

Il primo impiego massiccio di un gas nel corso della prima guerra mondiale (aprile 1915) colse del tutto impreparato l'esercito, che soltanto nel 1917 fu in grado di dotarsi di maschere antigas a strati di tessuto, sul modello di quelle franc. Poiché questo tipo di maschera non offriva una sufficiente protezione, dal marzo del 1918 alle truppe di confine venne distribuito in piccoli quantitativi un altro modello di maschera, di tipo ted., con filtro a secco. Nel primo dopoguerra l'esercito abbandonò ogni attività relativa alla protezione antigas; tuttavia, dato il permanere della minaccia, nel 1923 venne istituito un servizio per lo studio dei gas (il futuro laboratorio Wimmis), che mise a punto la maschera militare antigas 33 e altri mezzi protettivi. Dal 1938 ufficiali e soldati specificamente addestrati alla protezione dai gas vennero formati in una struttura apposita. La protezione antigas della pop. civile fu a lungo contestata; negli ambienti pacifisti era diffusa la convinzione che in caso dei prevedibili attacchi chimici per via aerea non vi sarebbe più stata alcuna possibilità di difesa. Nonostante queste posizioni, la ricerca sulla protezione antigas proseguì, vennero elaborati piani di difesa e furono realizzate maschere per civili, perché sia fra i militari che fra la pop. civile permanevano dubbi sull'applicazione effettiva e l'efficacia del Protocollo di Ginevra. Nell'ottica militare, la migliore prevenzione dagli attacchi chimici era considerata la capacità di reagire con misure di ritorsione; nel 1937, perciò, venne avviato un programma sviz. di produzione di armi chimiche. Dal 1939 vennero prodotti iprite vescicante (RN 1) e cloroacetofenone, gas lacrimogeno (RN 2); a causa della mancanza di arsenico si dovette invece rinunciare alla produzione del Clark I (RN 3), un gas in grado di rendere inefficaci le maschere. Forti problemi di fabbricazione e di stoccaggio dell'iprite, uniti alla consapevolezza che le quantità prodotte non sarebbero state comunque sufficienti alla dissuasione del nemico, portarono nel 1943 all'abbandono del programma; in Svizzera, dopo la seconda guerra mondiale le giacenze di RN 1 vennero distrutte, quelle di RN 2 messe a disposizione della polizia. Attualmente l'esercito sviz. è dotato di un equipaggiamento protettivo paragonabile a quello di altre forze armate, di un servizio di protezione AC (atomico-chimica); un centro atomico-chimico (formazione, laboratorio) è attivo a Spiez (dal 2001 Labor Spiez). La pop. civile ha a disposizione rifugi dotati di sistemi per l'aerazione filtrata e maschere antigas.

Riferimenti bibliografici

  • R. von Falkenstein, Vom Giftgas zur Atombombe, 1997
  • P. Hug, «Biologische und chemische Waffen in der Schweiz zwischen Aussen-, Wissenschafts- und Militärpolitik», in SF, 23, 1997, 15-120
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Suggerimento di citazione

Rainer von Falkenstein: "Armi chimiche", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 19.12.2003(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/043555/2003-12-19/, consultato il 17.04.2024.