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Neutralità

Per uno Stato la neutralità consiste nella non partecipazione a una guerra tra altri Stati. Il concetto di non partecipazione, proprio del diritto internazionale pubblico, ha avuto nella storia contenuti concreti diversi. Il diritto della neutralità si differenzia dalla politica di neutralità, che comprende l'insieme dei provvedimenti adottati da uno Stato neutrale in tempo di guerra o da uno Stato neutrale permanente già in tempo di pace, di propria iniziativa e a prescindere dagli obblighi che derivano dal diritto della neutralità, per garantire l'efficacia e la credibilità del suo statuto.

La neutralità non è un'invenzione della Svizzera: ve ne sono esempi già nell'Antico Testamento, nell'antichità greca e romana, nel Medioevo e in epoca moderna. Tuttavia la Svizzera, a livello mondiale, l'ha praticata più a lungo e ha contribuito in misura decisiva a una sua definizione giuridica nell'ambito della guerra di terra.

A eccezione degli anni tra il 1798 e il 1815, la neutralità svizzera può essere descritta in retrospettiva come la storia di un successo. Come strumento della politica estera ha contribuito ad assicurare l'esistenza della Confederazione e a preservare il Paese dalle guerre, e per questo motivo è divenuta per molti Svizzeri un elemento di identificazione nazionale. All'estero la neutralità svizzera è stata percepita in forme più differenziate: per alcuni è un contributo alla pace; altri vi hanno visto ipocrisia, viltà, opportunismo o sete di profitto. Dalla prospettiva svizzera essa sembra rappresentare piuttosto un intelligente strumento di difesa dei propri interessi e la legittima strategia politica di un piccolo Stato confrontato alle grandi potenze; talvolta al realismo politico si è aggiunta l'idea di una missione umanitaria della Svizzera.

La storia della neutralità mostra come essa abbia quale fine ultimo la salvaguardia della pace interna ed esterna, in un quadro di relativa indipendenza e di rispetto del bene pubblico. In questo scenario possono essere individuate cinque funzioni della neutralità: integrazione, indipendenza, garanzia della libertà degli scambi, equilibrio e utilità. La funzione integrativa ha permesso la pace interna e la coesione della Confederazione, una realtà eterogenea dal profilo confessionale e culturale. Come elemento di indipendenza o di protezione, la neutralità ha garantito la pace esterna, permettendo di tenere lontana la guerra dal territorio nazionale e di scongiurare con maggiore o minore successo le mire egemoniche delle grandi potenze. La funzione di garanzia della libertà degli scambi ha reso possibile proseguire il commercio con i belligeranti, garantendo in tal modo la sopravvivenza economica di un piccolo Paese, povero di materie prime (commercio estero). Come fattore di equilibrio, è stata a lungo funzionale agli interessi geostrategici europei (equilibrio europeo), mentre la sua utilità si è infine manifestata quando ha permesso alla Svizzera di offrire in ambito internazionale i suoi buoni uffici, a compensazione di un parziale disimpegno imposto dalla neutralità medesima.

La neutralità nella vecchia Confederazione

La neutralità svizzera non ha avuto origine da un unico atto di volontà: «solo gradualmente si è scossa dal torpore delle implicazioni internazionali prendendo chiara coscienza del suo vero significato» (Edgar Bonjour), in un contesto in cui erano in gioco motivi di politica estera e interna. In seno alla Confederazione, i nuovi membri ammessi a partire dal XV secolo, ad esempio la città di Basilea (1501), erano tenuti in caso di conflitti tra i cantoni a non interferire (Stillesitzen, «sedere tranquilli») e ad adoperarsi per una mediazione. In politica estera la sconfitta nella battaglia di Marignano (1515) segnò la fine della fase espansionistica dei Confederati. La prima dichiarazione ufficiale di neutralità della Dieta federale risale al 1674.

Pagina del titolo dell'opera di Ugo Grozio, con il suo ritratto in frontespizio, edita a Leida nel 1759 (Universitätsbibliothek Bern).
Pagina del titolo dell'opera di Ugo Grozio, con il suo ritratto in frontespizio, edita a Leida nel 1759 (Universitätsbibliothek Bern). […]

La concezione della neutralità della vecchia Confederazione aveva caratteristiche diverse da quelle affermatesi in seguito. In primo luogo coloro che si dichiaravano neutrali, secondo l'autorevole Il diritto della guerra e della pace di Ugo Grozio (1625), dovevano permettere il transito delle truppe dei belligeranti sul proprio territorio: un obbligo da cui la Confederazione si liberò nel 1638. In secondo luogo il diritto internazionale di allora consentiva di stringere alleanze difensive, che i Confederati o determinati cantoni poi effettivamente ebbero soprattutto con la Francia, l'Austria, la Savoia e la Spagna; il sistema di alleanze che ne derivò rappresentava, dal profilo della politica interna, interessi in parte divergenti. In terzo luogo la Svizzera metteva a disposizione truppe mercenarie e ne permetteva ufficialmente il reclutamento da parte di agenti stranieri. In quarto luogo Grozio, sul piano degli scambi commerciali, era dell'opinione che il Paese neutrale non potesse fare nulla che rafforzasse la parte in torto o indebolisse quella della giusta causa, e che nel dubbio dovesse trattare allo stesso modo le due parti. Fu solo lo specialista di diritto delle genti Emer de Vattel, di Neuchâtel, che comprovò nel 1758 ai neutrali il diritto di commerciare liberamente con i belligeranti.

La neutralità nella vecchia Confederazione, divisa sul piano confessionale e vincolata agli obblighi previsti dalle diverse alleanze, era incentrata sulla funzione di integrazione e di indipendenza. Il basso profilo in politica estera fu una condizione essenziale nel processo di consolidamento e rafforzamento della coesione interna: la neutralità pose le basi per l'unità.

Con la progressiva separazione della Confederazione dal Sacro Romano Impero a partire dal XVI secolo e il riconoscimento internazionale della sovranità elvetica con la pace di Vestfalia (1648), si diffuse la convinzione che la neutralità estera era condizione dell'indipendenza. Grazie alla protezione assicurata dalla politica neutrale di indipendenza, la vecchia Confederazione riuscì a non essere coinvolta nelle guerre di religione, di conquista e di successione dell'epoca moderna. L'idea di una neutralità armata si impose invece solo lentamente. Malgrado gli obblighi previsti dai trattati di alleanza tra i membri della Confederazione, l'onere maggiore nella difesa dei confini era assunto dai cantoni di frontiera. Solo dopo numerose violazioni dei confini, si giunse verso la fine della guerra dei Trent'anni (1618-1648) all'adozione, con il Defensionale di Wil (1647), del primo ordinamento militare per la difesa nazionale comune a tutti i Confederati (defensionali). Il defensionale fu completato con il principio degli Stati cuscinetto (Vormauer), una cintura di zone neutrali confinanti con la Confederazione, dove erano proibiti assembramenti di truppe straniere e azioni belliche.

In contrasto con le limitazioni poste da Grozio, la Confederazione impose la libertà di commercio anche in tempo di guerra, pur vietando, di norma, la fornitura di armi e munizioni ai belligeranti. La funzione di utilità della neutralità (buoni uffici) fu poco pronunciata nella vecchia Confederazione, limitandosi di fatto all'accoglienza di rifugiati per fede, a diversi tentativi di favorire trattati di pace (per esempio nel 1636, durante la guerra dei Trent'anni) e al ruolo di Paese ospitante in occasione di congressi di pace internazionali (pace di Baden, 1714; pace di Basilea, 1795).

Il rafforzamento della neutralità (1815-1914)

Dopo la caduta della vecchia Confederazione nel 1798, la Svizzera dovette stringere con la Francia un'alleanza offensiva, che equivaleva alla rinuncia alla neutralità. Negli anni seguenti il Paese venne occupato e fu teatro di azioni belliche, divenendo territorio di passaggio di truppe (guerre di coalizione); né la Francia né gli Alleati rispettarono la neutralità svizzera. Solo dopo la sconfitta di Napoleone I la Confederazione ritrovò la sua piena sovranità.

In applicazione alle decisioni del congresso di Vienna (1814-1815), le grandi potenze Austria, Francia, Gran Bretagna, Prussia e Russia decretarono il 20 novembre 1815, in occasione del trattato di Parigi, l'«Atto portante riconoscimento e garanzia della neutralità perpetua della Svizzera e dell'inviolabilità del suo territorio». Questo primo riconoscimento da parte del diritto internazionale pubblico dei principi della neutralità perpetua della Svizzera venne formulato in tutti i suoi punti essenziali dal ginevrino Charles Pictet-de Rochemont, che fece sì che non si potesse dedurre da questa garanzia un diritto di intervento delle grandi potenze.

Al successo in politica estera del 1815 fece seguito quello interno del 1848, con la fondazione dello Stato federale in seguito alla guerra del Sonderbund. Il consolidamento della neutralità e il rafforzamento dello Stato federale furono entrambi necessari alla Svizzera per affermarsi rispetto ai movimenti nazionali diffusi nei tre Paesi confinanti, che avevano come punto di riferimento la lingua comune. L'elemento di integrazione della neutralità ebbe allora modo di ampliarsi, facendo leva sulla pluralità linguistica e culturale di uno Stato fondato sulla volontà politica (Willensnation).

Anche della funzione di indipendenza della neutralità si ebbe un'accresciuta consapevolezza. Certo la Dieta del 1847 rinunciò a fissare la neutralità nell'articolo costituzionale che definiva lo scopo della Confederazione, considerandola piuttosto un mezzo e, come appariva allora, un «provvedimento adeguato per assicurare l'indipendenza della Svizzera», non volendo escludere che si potesse anche abbandonarla «nell'interesse della propria indipendenza» se le condizioni fossero cambiate. Per questo motivo il «mantenimento della neutralità» era contemplato unicamente dall'articolo sulle competenze dell'Assemblea federale e del Consiglio federale. Per rafforzare la politica di indipendenza legata alla neutralità, la Costituzione federale proibì tuttavia ai cantoni di stringere alleanze con l'estero e introdusse il servizio militare obbligatorio. Nel 1859 la Confederazione vietò il servizio mercenario.

Così rafforzata, la Svizzera riuscì a evitare di essere coinvolta nelle guerre di unificazione e di liberazione e nella guerra franco-prussiana (1870-1871). Grazie alla dimostrazione della volontà di difendersi e al crescente sentimento di appartenenza nazionale, ma anche grazie alla rivalità delle grandi potenze e al sostegno dell'Inghilterra durante tutto il XIX secolo, il Paese riuscì inoltre a sostenere le pressioni e le minacce di intervento (affare di Neuchâtel, affare della Savoia, affare Wohlgemuth ecc.) delle monarchie che lo circondavano e che vedevano nella Svizzera una spina repubblicana nel loro fianco.

Anche la neutralità come fattore di equilibrio assunse maggiore importanza. Con i passi alpini, e in particolare dopo l'inaugurazione della galleria del San Gottardo, accessibile anche in inverno (1882), la Svizzera controllava vie di transito tra nord e sud di importanza geostrategica. La sua posizione centrale le permetteva di dividere e al tempo stesso collegare tre aree linguistiche e culturali europee. Nella misura in cui la Confederazione avrebbe avuto la volontà e la capacità di conservare la propria neutralità, di non sostenere nessun contendente nelle guerre europee, di non permettere a nessuna potenza straniera l'erezione di basi, il passaggio di truppe e l'occupazione del territorio nazionale e di difendere la propria indipendenza se necessario con la forza, era considerata per l'equilibrio europeo un elemento affidabile, che favoriva la stabilità e la pace in Europa. Proprio per questo le grandi potenze, nel 1815, avevano dichiarato che l'indipendenza e neutralità della Svizzera erano nel vero interesse della politica d'Europa intera.

La funzione di utilità (buoni uffici), menzionata per la prima volta nel 1870 in un messaggio del Consiglio federale, ebbe un notevole sviluppo nel XIX secolo. Venne proseguita la politica d'asilo (profughi); durante la guerra franco-prussiana la Svizzera si impegnò in particolare nell'evacuazione della popolazione civile da Strasburgo, posta sotto assedio. Le regole per l'internamento di truppe straniere su suolo neutrale furono messe a punto in occasione dell'accoglienza di reparti austriaci dall'Italia e dell'esercito di Bourbaki dalla Francia (1871), e vennero ribadite dalla conferenza di Bruxelles del 1874. Nel 1870 la Svizzera si offrì per la prima volta come potenza protettrice. La Svizzera si attivò nello sviluppo di procedimenti arbitrali per il superamento pacifico dei conflitti (arbitrato, arbitrato dell'Alabama), oltre a profilarsi come sede di organizzazioni internazionali e di conferenze. Il contributo più rilevante fu la fondazione della Croce Rossa; la conferenza diplomatica convocata dalla Svizzera nel 1864 pose le basi per le convenzioni di Ginevra e per il diritto umanitario internazionale applicabile nei conflitti armati.

Il periodo di consolidamento ebbe termine con la codificazione del diritto della neutralità nelle convenzioni dell'Aia del 1907, che proibivano alle potenze neutrali di mettere a disposizione dei belligeranti truppe e basi operative, di autorizzare il passaggio di truppe, di fornire materiale bellico appartenente allo Stato, di concedere crediti statali per scopi bellici o di trasmettere informazioni militari. Le convenzioni impegnavano inoltre i Paesi neutrali a impedire sul proprio territorio operazioni contrarie alla neutralità da parte dei belligeranti e a trattare questi ultimi allo stesso modo qualora vi fossero regolamentazioni ufficiali sull'esportazione e il transito di materiale bellico da parte di soggetti privati. A loro volta, i belligeranti dovevano rispettare la neutralità ed evitare ogni violazione del territorio neutrale. Il Paese neutrale aveva inoltre in particolare il diritto di proseguire gli scambi commerciali con i belligeranti (con le eccezioni menzionate), di concedere l'asilo ai profughi, di internare truppe appartenenti agli eserciti dei belligeranti e di rispondere anche con la forza a violazioni della neutralità. In caso di attacco a uno Stato neutrale, quest'ultimo è esentato dal divieto di stringere alleanze.

Nel periodo delle due guerre mondiali (1914-1945)

«Si tratta di arrivare in fondo». Immagine caricaturale sulle difficoltà di mantenere la neutralità svizzera. Cartolina postale, 1915 ca. (Bibliothèque de Genève).
«Si tratta di arrivare in fondo». Immagine caricaturale sulle difficoltà di mantenere la neutralità svizzera. Cartolina postale, 1915 ca. (Bibliothèque de Genève). […]

Durante la prima guerra mondiale, la neutralità diede ancora una volta il suo contributo alla coesione interna della Svizzera, dal momento che almeno in una prima fase le simpatie di molti Svizzerotedeschi erano rivolte alla Germania, mentre i Romandi propendevano soprattutto per la Francia. In violazione del diritto al libero commercio dei Paesi neutrali, appena confermato dalle convenzioni dell'Aia, la Svizzera fu coinvolta nella guerra economica, e dovette addirittura tollerare la presenza di ispettori stranieri sul proprio territorio (Ufficio fiduciario svizzero di controllo per il traffico delle merci, Società svizzera per la sorveglianza economica). D'altronde, anche la trasmissione unilaterale di informazioni da parte dell'esercito svizzero alla Germania e all'Austria-Ungheria equivaleva a una infrazione della neutralità (affare dei colonnelli). Gli accordi informali e non scritti intercorsi tra lo Stato maggiore generale e i comandi degli eserciti tedesco e francese in caso di attacco alla Svizzera non erano invece contrari al diritto della neutralità. Più problematico in questo senso appare il tentativo del Consigliere federale Arthur Hoffmann di mediare per una pace separata tra Germania e Russia (affare Grimm-Hoffmann). I buoni uffici della Svizzera – 25 mandati di rappresentanza di interessi diplomatici e internamento di 68'000 uomini – erano per contro unanimemente apprezzati.

«La Svizzera, isola di pace, e le sue attività di assistenza». Cartolina postale stampata nel 1917 a Basilea da X. Wehrli (Museo nazionale svizzero, Zurigo).
«La Svizzera, isola di pace, e le sue attività di assistenza». Cartolina postale stampata nel 1917 a Basilea da X. Wehrli (Museo nazionale svizzero, Zurigo). […]

Con la fondazione della Società delle Nazioni (SdN, 1920) iniziò un periodo attivo per la politica estera svizzera. L'articolo 435 del trattato di Versailles del 1919 riconobbe la neutralità della Svizzera come strumento «per il mantenimento della pace». Il Consiglio della SdN confermò questo riconoscimento nella Dichiarazione di Londra del 13 febbraio 1920, in cui si dispensava la Svizzera dalla partecipazione a sanzioni militari, ma non da quelle economiche, inaugurando la cosiddetta «neutralità differenziata». Dopo un'aspra campagna sia il popolo (56%) sia i cantoni (11 e mezzo contro 10 e mezzo) approvarono l'adesione della Svizzera alla SdN; Ginevra ne divenne la sede, imponendosi sulla concorrenza internazionale. Nel periodo fra le due guerre furono conclusi in Svizzera importanti trattati, ad esempio nel 1923 a Losanna e nel 1925 a Locarno. Nessun altro Paese si impegnò in misura così importante per procedure arbitrali internazionali, e non solo con accordi bilaterali, ma anche attraverso la partecipazione di delegati svizzeri alla soluzione dei conflitti sulla base dei trattati di pace. La Svizzera non si ritrasse nemmeno di fronte a mandati di alto profilo politico, ad esempio nel conflitto tra Germania e Polonia per l'Alta Slesia, nella questione del plebiscito nella Saar o nel caso dell'incarico di Carl Jacob Burckhardt quale Alto commissario della SdN nella Città libera di Danzica (dal 1937). La Svizzera non partecipò invece mai a missioni di osservazione militari e non permise il passaggio delle truppe della SdN nel conflitto per Vilnius (1920). L'uscita di Giappone, Germania e Italia dalla SdN durante gli anni 1930 e le sanzioni della stessa contro l'Italia per la guerra in Abissinia (dal 1935) determinarono il ritorno della Svizzera, il 14 maggio 1938, alla «neutralità integrale», con il consenso del Consiglio della SdN. Questo statuto esonerò la Svizzera dall'obbligo di partecipare a sanzioni economiche.

Il Consigliere federale Marcel Pilet-Golaz in veste di equilibrista. Caricatura di Gregor Rabinovitch pubblicata sul Nebelspalter, 1944, n. 44 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna; e-periodica).
Il Consigliere federale Marcel Pilet-Golaz in veste di equilibrista. Caricatura di Gregor Rabinovitch pubblicata sul Nebelspalter, 1944, n. 44 (Biblioteca nazionale svizzera, Berna; e-periodica). […]

Durante la seconda guerra mondiale fu minacciata l'esistenza stessa della Svizzera, dato che non si poteva escludere un attacco militare delle potenze dell'Asse. La coesione tra le regioni linguistiche non fu però mai messa in discussione. L'approvvigionamento della Svizzera con merci di importanza vitale provenienti dall'estero rendeva inevitabile l'offerta di contropartite. Il diritto della neutralità fissato dalle convenzioni dell'Aia garantiva la libertà degli scambi economici pubblici e privati con i belligeranti, salvo qualche eccezione relativa al materiale bellico, che la Svizzera in realtà violò a più riprese, concedendo crediti pubblici per le esportazioni di materiale da guerra verso la Germania e l'Italia, esportando armi e munizioni di produzione federale, tollerando disparità di trattamento da parte delle autorità nell'esportazione di materiale bellico di produzione privata e controllando in modo insufficiente il traffico di transito tra Germania e Italia. Un'altra violazione della neutralità fu compiuta tollerando la presenza della centrale dello spionaggio americano a Berna. Invece gli accordi informali tra gli Stati maggiori svizzero e francese nel caso di un attacco tedesco alla Svizzera, i cui resoconti furono confiscati dai Tedeschi nel 1940, non rappresentavano una violazione del diritto della neutralità, dal momento che uno Stato neutrale, se è vittima di un'aggressione contraria al diritto internazionale pubblico, è libero di stringere alleanze.

Gli stessi belligeranti non si attennero sempre al diritto della neutralità: la Germania pretese, appellandosi alla «rigida neutralità», la limitazione delle libertà di opinione e di stampa; gli Stati Uniti imposero verso la fine del conflitto la quasi completa interruzione degli scambi economici con la Germania. I belligeranti di entrambe le parti a più riprese non rispettarono lo spazio aereo svizzero.

Da un altro lato, i buoni uffici offerti dalla Svizzera conobbero un'espansione senza precedenti: 1200 persone si occuparono di 319 mandati per 35 Paesi; più di 100'000 soldati e ufficiali furono internati. In Svizzera vennero accolti ca. 60'000 profughi, di cui quasi la metà ebrei. A Budapest il viceconsole elvetico Carl Lutz salvò più di 62'000 ebrei e altri perseguitati. Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) impiegò 4000 persone per l'assistenza ai prigionieri di guerra e per la ricerca di dispersi.

Durante la guerra fredda (1945-1989)

Subito dopo la seconda guerra mondiale, la neutralità in generale e quella della Svizzera in particolare non godevano di una buona reputazione: al momento della fondazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) soprattutto la Francia si pronunciò contro l'adesione di Stati neutrali. Alcuni specialisti di diritto internazionale pensavano che il diritto internazionale bellico e quindi il diritto alla neutralità appartenessero ormai al passato. Si trattò di un'opinione che mutò ben presto: già nel 1946 alcuni Stati neutrali aderirono all'ONU e le convenzioni di Ginevra del 1949 diedero nuovo valore agli aspetti umanitari del diritto internazionale bellico. Nel Memorandum di Mosca del 1955 l'Austria si dichiarò pronta a impegnarsi sul piano internazionale «ad esercitare una neutralità permanente sul tipo di quella della Svizzera». In due rapporti (1964 e 1966) la Commissione del diritto internazionale dell'ONU considerò gli accordi riguardanti la neutralità svizzera come parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, a cui dovevano attenersi tutti gli Stati. L'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975 (CSCE; dal 1995 Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, OSCE) confermò a tutti gli Stati aderenti «il diritto alla neutralità». Nel quadro della politica della distensione e già al momento del riconoscimento della neutralità dell'Austria, la funzione geostrategica assunse un nuovo significato: Austria e Svizzera formavano uno sbarramento trasversale lungo 800 km tra i Paesi centrali e meridionali della Nato; Finlandia, Svezia, Austria e Svizzera facevano in parte da cuscinetto tra le due alleanze militari della Nato e del patto di Varsavia. Nell'ambito della CSCE, i Paesi neutrali e non allineati ebbero una funzione di mediazione tra est e ovest.

Anche se la guerra fredda non era una guerra tra Stati ai sensi del diritto internazionale pubblico e di conseguenza in riferimento al diritto della neutralità, e malgrado gli obblighi legati alla neutralità in tempo di pace si limitassero al divieto di aggressione, di alleanza e di mettere a disposizione basi d'appoggio e all'obbligo (invero contestato) di armarsi, la neutralità fu elevata a dottrina di Stato da Consiglio federale, parlamento e alcuni ambienti economici. Quasi ogni questione di politica estera veniva letta sotto l'ottica di una concezione eccessiva della neutralità; un atteggiamento che si manifestò in modo esemplare nella cosiddetta dottrina Bindschedler (1954), che pur non essendo mai stata approvata dagli organi competenti divenne la «concezione ufficiale svizzera della neutralità». Di conseguenza la Svizzera rifiutò l'adesione all'ONU, alla Comunità europea del carbone e dell'acciaio e alla Comunità europea; persino la partecipazione della Confederazione al Consiglio d'Europa fu procrastinata fino al 1963. L'adesione della Svizzera all'ONU, rifiutata ancora nel 1986 dal popolo (75%) e da tutti i cantoni, fu approvata nel 2002.

Dato lo stretto legame ideologico ed economico tra Svizzera e Occidente, le venne associata l'immagine di «Paese neutrale occidentale». Nel 1948 sostenne il piano Marshall per l'Europa occidentale, nel quadro dell'Organizzazione europea di cooperazione economica (OCSE dal 1960/1961), mentre con l'Hotz-Linder-Agreement del 1951, a lungo rimasto segreto, cedette alle pressioni statunitensi partecipando alle misure di embargo contro gli Stati comunisti. Nell'ambito della missione di sorveglianza dell'armistizio in Corea (dal 1953), la Svizzera e la Svezia hanno rivestito il ruolo di Paesi neutrali delle nazioni occidentali, accanto a Polonia e Cecoslovacchia in rappresentanza dei Paesi neutrali dell'Est. Nel 1973 il parlamento, richiamandosi alla neutralità e in risposta a un'iniziativa popolare del 1972 per il divieto d'esportazione d'armi, che aveva ottenuto il 49,7% dei voti, introdusse una legge sul materiale bellico che ne vietava l'esportazione nelle zone di guerra, di guerra imminente o là dove i diritti dell'uomo erano sistematicamente violati. Nella prassi questa legge non è sempre stata applicata verso i Paesi della Nato, ad esempio nei confronti della Turchia.

La Svizzera ha cercato di onorare il suo motto di politica estera «neutralità e solidarietà». Ancora oggi accoglie la sede centrale europea e numerose agenzie speciali dell'ONU; ha ospitato le conferenze internazionali per la revisione (1949) e i protocolli aggiuntivi (1977) delle convenzioni di Ginevra e come potenza protettrice ha tra l'altro rappresentato gli interessi degli Stati Uniti a Cuba (dal 1961) e in Iran (dal 1979). Importanti conferenze e incontri si sono infine tenuti in Svizzera: la conferenza sull'Indocina del 1954, il vertice di Ginevra del 1955, il primo incontro ufficiale tra i governi francese e algerino nel 1961 (accordi di Evian), i negoziati Salt e Start per la limitazione degli armamenti strategici e il summit tra Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nel 1985. Pur non essendo la Confederazione uno Stato membro, l'ONU ha affidato a cittadini svizzeri importanti mandati. In caso di operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace la Svizzera si è limitata, diversamente da altri Paesi neutrali, a offrire sostegno materiale.

Nuove sfide dopo il 1989

Il crollo del blocco dell'Est nel 1989 e dell'Unione Sovietica nel 1991 ha cambiato gli equilibri mondiali. Sei rapporti ufficiali hanno definito la posizione della Svizzera nella nuova situazione intern. (studio di una commissione di esperti sulla neutralità nel 1992; rapporti sulla politica estera del DFAE, 2000 e 2005; rapporti sulla politica estera del Consiglio fed., 1993 e 2000; rapporto sulla politica di sicurezza, 2000). Questi testi hanno preconizzato l'abbandono del primato dell'affermazione di indipendenza, l'inquadramento dell'indipendenza in una visione pluridimensionale degli obiettivi della politica estera, il ridimensionamento della neutralità, ricondotta al suo nucleo concettuale definito dal diritto intern. pubblico, l'adesione all'UE e all'ONU salvaguardando la neutralità, la partecipazione a sanzioni economiche e a operazioni volte al mantenimento della pace decise dall'ONU e dall'OSCE (anche con proprie truppe), il sostegno a sanzioni militari dell'ONU (consentendo per esempio il transito, ma non la partecipazione di truppe proprie) e la cooperazione intern. nella politica di sicurezza senza aderire ad alleanze militari. In considerazione della promettente via bilaterale, il Consiglio fed. ha trasformato gradualmente l'adesione all'UE da obiettivo strategico a semplice opzione, pur non ritirando la domanda di adesione inoltrata nel 1992.

«Svizzera-ONU, un partenariato collaudato. La Svizzera è fiera della sua neutralità e dice sì all'ONU». Manifesto del comitato vallesano per l'adesione svizzera all'ONU (Museum für Gestaltung Zürich, Plakatsammlung, Zürcher Hochschule der Künste).
«Svizzera-ONU, un partenariato collaudato. La Svizzera è fiera della sua neutralità e dice sì all'ONU». Manifesto del comitato vallesano per l'adesione svizzera all'ONU (Museum für Gestaltung Zürich, Plakatsammlung, Zürcher Hochschule der Künste). […]

La nuova Costituzione fed. adottata nel 1999 da popolo (59%) e cant. (13:10) ha confermato le molteplici dimensioni degli obiettivi di politica estera, mentre continua ad ancorare la neutralità ai soli articoli dedicati alle competenze delle autorità fed. Nel 2001 il popolo (51%) ha accettato l'invio di soldati volontari armati all'estero per missioni a favore del promovimento della pace dell'ONU, escludendo tuttavia la partecipazione ad azioni di combattimento. In precedenza la Svizzera aveva già partecipato a missioni con personale militare disarmato nel Sahara occidentale, in Namibia, Bosnia e Kosovo. Nel 2002 popolo (55%) e cant. (12:11) hanno approvato l'adesione all'ONU; nella sua domanda di adesione il Consiglio fed. ha insistito sul mantenimento della neutralità. Dal momento che il diritto della neutralità era stato fissato l'ultima volta nel 1907, quando non esisteva ancora una org. universale di sicurezza collettiva, il diritto intern. pubblico era in questo senso lacunoso. L'ONU, la Svizzera e tutti gli altri Stati neutrali considerano tuttavia che la partecipazione all'ONU sia compatibile con la neutralità. Durante la guerra contro l'Iraq del 2003, contraria al diritto intern. pubblico, la Svizzera è rimasta su posizioni neutrali, segnatamente proibendo il transito, ad eccezione dei trasporti umanitari, e l'esportazione di materiale militare ai belligeranti.

La collaborazione con la NATO nell'ambito del Partenariato per la pace (dal 1996) è discutibile dal profilo della politica di neutralità, ma non problematica da quello del diritto della neutralità, dal momento che non implica alcun obbligo di assistenza. Lo stretto divieto alle esportazioni di materiale bellico in zone di guerra o di crisi, in vigore dal 1973, è stato allentato nel 1998 da una nuova norma legislativa. La Svizzera è stata sorpresa a metà degli anni 1990-2000 dai massicci attacchi provenienti dagli Stati Uniti riguardo al comportamento del Paese durante la seconda guerra mondiale. Il cosiddetto Rapporto Eizenstat del 1997 ha giudicato immorale il comportamento neutrale della Svizzera in tempo di guerra, adducendo come motivi l'acquisto dell'oro ted. da parte della Banca nazionale sviz., il rifiuto di accogliere profughi la cui vita era in pericolo e i tergiversamenti nel trovare una soluzione equa per i fondi in giacenza nelle banche sviz. dopo il 1945.

Dal 1989 le cinque funzioni della neutralità hanno chiaramente perso importanza. La sua funzione di integrazione è ridimensionata dal fatto che la Svizzera è circondata da Stati di diritto democratici che collaborano pacificamente, fino ai Paesi più orientali dell'Europa. L'elemento di indipendenza rischia di essere un'arma a doppio taglio, poiché la Svizzera, di fatto integrata nell'UE, è costretta ad applicare norme che non può contribuire a definire. La funzione di protezione è poco rilevante: guerre tra Stati all'interno dell'UE non sono verosimili in un prossimo futuro, e la neutralità è di ridotta efficacia contro le ripercussioni a distanza di guerre tra Stati extraeuropei, le conseguenze di guerre civili in Europa e fuori continente e il terrorismo. Per superare altri gravi rischi, come la diffusione di armi di distruzione di massa, le migrazioni, la criminalità intern., le crisi economiche e le catastrofi naturali, essa non ha alcuna utilità. Anche la funzione di garanzia per la libertà degli scambi e la neutralità come fattore di equilibrio hanno perso la loro importanza dopo la prima guerra mondiale, ed è venuta meno pure la preferenza per i buoni uffici dei Paesi neutrali (a eccezione del fatto che la neutralità della Svizzera facilita l'azione del CICR). La situazione può tuttavia mutare di nuovo e quantomeno come strategia di riserva la neutralità trova ancora una giustificazione.

Malgrado l'attuale perdita di importanza della neutralità, Consiglio fed., parlamento e tutti i principali partiti e org. continuano a sostenerla. Nel periodo 1993-2008 tra il 79 e il 93% della pop. sviz. si è pronunciato per il suo mantenimento; tra il 67 e l'81% è dell'idea che essa sia indissolubilmente legata alla natura stessa dello Stato sviz.; il consenso nei confronti di entrambe le posizioni tende inoltre a crescere. Non vi è tuttavia unità di vedute riguardo alla definizione, all'importanza attuale e alla messa in pratica della neutralità.

Riferimenti bibliografici

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Completato dalla redazione
  • Jorio, Marco: Die Schweiz und ihre Neutralität. Eine 400-jährige Geschichte, 2023.
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Suggerimento di citazione

Alois Riklin: "Neutralità", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 09.11.2010(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/016572/2010-11-09/, consultato il 28.03.2024.