Pesca

Insieme alla caccia e alla raccolta (economia di raccolta), la pesca costituisce una delle più antiche attività umane dirette alla copertura del fabbisogno alimentare (alimentazione). Essa sopravvisse, allo stato di economia nomade basata sulla caccia e sulla raccolta, anche dopo l'introduzione dell'allevamento e della campicoltura. Dato che nel XX secolo la pesca e la piscicoltura sono strettamente collegate tra di loro, qui di seguito verrà trattato pure lo sviluppo dell'acquicoltura.

Prima del XIX secolo

Importanza della pesca

Il pescatore. Incisione su legno tratta dallo Ständebuch (1568) di Jost Ammann (Biblioteca nazionale svizzera, Berna).
Il pescatore. Incisione su legno tratta dallo Ständebuch (1568) di Jost Ammann (Biblioteca nazionale svizzera, Berna). […]

Nell'alimentazione il pesce svolgeva, accanto al piatto principale (puree oppure, eventualmente, pane) e ai contorni di verdure (leguminose e conserve), l'importante funzione di gustosa pietanza di accompagnamento. La sua rilevanza quale sostituto della carne nei giorni di astinenza è per contro sopravvalutata, dato che solo alcune istituzioni ecclesiastiche (conventi e ospedali) e i ceti più agiati osservavano questa usanza. Il pesce, generalmente caro, era considerato un lusso. La Riforma non comportò cambiamenti di rilievo nel suo consumo. Per il lago di Sempach si dispone di dati sul rendimento della pesca dal XV secolo (mediamente 180'000 coregoni ogni anno).

Attrezzi e metodi di pesca

Tra i più antichi attrezzi di pesca, risalenti al Paleolitico, figurano fiocine a due o più punte (Gehren), arpioni e ami diritti o curvi. Scavi archeologici hanno portato alla luce reti e nasse (sito di Muntelier) del Neolitico (cultura di Cortaillod). Probabilmente più recenti, malgrado il loro nome latino, sono la sagena (una rete di grandi dimensioni) e la navicella (contenitore per il pesce). Il metodo di pesca più efficiente prevedeva l'uso di una bedina, rete composta da due elementi di forma allungata collegate da una parte a forma di sacco, che il pescatore posava in una determinata porzione di lago e poi chiudeva con una cordicella una volta catturato il pesce. Al largo venivano utilizzate due barche, mentre in prossimità della riva una sola barca e un palo piantato sul fondo, al quale era fissata la rete. I pescatori e i loro aiutanti usavano pure il tramaglio, un tipo di rete teso verticalmente sul fondale e ritirato dopo un certo tempo; ricorrevano inoltre al palamito, fune da cui pendevano diverse lenze con i relativi ami, oppure a vari tipi di nasse, immerse in acque non profonde, cui venivano abbinate reti trappola. Per la pesca del salmone si impiegavano arpioni oppure reti che venivano sollevate mediante l'asta o la canna a cui erano fissate. I pescatori dilettanti privilegiavano sia la lenza singola con ami muniti di esche naturali o artificiali (peli o barbe di piume di uccello), sia una specie di guadino per recuperare i pesci già catturati con l'amo.

Piscicoltura

Note sin dall'antichità, le peschiere erano utilizzate in particolare nei conventi per conservare il pesce. Nel XV secolo vennero costruiti, con l'aiuto di specialisti, numerosi vivai nei quali si allevavano sia pesci commestibili destinati al mercato sia pesci per mangime. Un regolamento dell'abbazia di San Gallo del 1742 descrive una piscicoltura più evoluta, basata su tre stagni adibiti a scopi diversi: il primo serviva alla deposizione delle uova (Mutterweiher), il secondo allo sviluppo degli avannotti (Streckweiher), mentre nel terzo i pesci venivano ingrassati fino alla cattura per il consumo (Setzweiher).

Commercio

Al fine di fornire alla popolazione una quantità di pesce sufficiente e a prezzi convenienti, per i pescatori esisteva l'obbligo di vendere il loro pescato innanzitutto al mercato locale; solo in un secondo momento era eventualmente consentito loro di esportarlo in altre città. Nonostante gli intermediari fossero vietati, ogni pescatore poteva ricorrere alla collaborazione di un socio, che si occupava di smerciare il pesce in città. La sorveglianza del mercato era affidata a un apposito ispettore, che controllava la freschezza del pesce e il rispetto del divieto di commercio di specie protette; inoltre i pescatori erano obbligati a denunciare eventuali irregolarità. La compravendita del pesce era proibita alle donne tacitamente o, come ad esempio nel caso di Berna, Bienne e Losanna, in modo esplicito.

Anche il commercio a lunga distanza di pesce conservato è ben documentato. Ad Aventicum sono stati ad esempio rinvenuti recipienti di epoca romana per il trasporto di salse aromatizzate a base di pesce (allec e garum). Nel Medioevo venivano importati dal mare del Nord aringhe in salamoia (in barili), sogliole sotto sale e pesci essiccati (stoccafissi).

Diritto

La pesca era una regalia; il diritto romano attribuiva al re lo sfruttamento dei fiumi navigabili e dei grandi laghi. Nelle fonti medievali sono talvolta attestati diritti di pesca attribuiti a titolo di feudo imperiale per lo più a conventi o signori secolari che li concedevano a loro volta agli effettivi utilizzatori. Nel tardo Medioevo le città si assicurarono, tramite contratti o taciti assoggettamenti, il dominio su corsi d'acqua situati al di fuori delle proprie mura. Le autorità cercarono in ogni momento di garantire la navigazione delle vie d'acqua.

Le acque aperte dei laghi erano beni comuni che venivano sfruttate collettivamente dai pescatori concessionari; nelle acque poco profonde prossime alla riva e nei piccoli corsi d'acqua i diritti di pesca erano invece sfruttati a titolo privato dai proprietari dei terreni adiacenti alle rive.

Le autorità emanarono, d'intesa con i pescatori, precise prescrizioni riguardanti le restrizioni alla cattura dei pesci, i periodi di divieto, le lunghezze minime e la dimensione delle maglie delle reti nonché ulteriori limitazioni e divieti sugli attrezzi di pesca. Oltre alle leggi promulgate, i pescatori si attenevano anche agli usi vigenti. Ad esempio la rete mobile aveva la priorità su quella fissa: il pescatore intenzionato a pescare con una rete a strascico doveva invitare, tramite un triplice segnale sonoro, il proprietario della rete fissa a liberare il passaggio. Ogni cittadino deteneva il diritto, limitatamente al proprio fabbisogno, di pescare dalla riva con canna e lenza o con una specie di guadino.

Per impedire catture eccessive di pesci e far rispettare le disposizioni di protezione, le autorità uniformarono le disposizioni sulla pesca e ne estesero il più possibile il campo di applicazione. Lindau regolamentava la pesca su tutta l'area del lago di Costanza situata a est di Buchhorn/Friedrichshafen e Arbon. La città di Zurigo, proprietaria del lago di Zurigo dal 1362, obbligò anche i cacciatori austriaci e di Einsiedeln a giurare di attenersi alle prescrizioni sulla pesca. Gli stessi pescatori si occupavano di questioni regolamentari in speciali placiti (Fischmaien), quale quello che nel 1397 riunì a Baden i pescatori del Reno, della Limmat, del bacino inferiore del lago di Costanza (Untersee) e di alcune località tra cui Zurigo, Rümlang, Bienne, Lucerna e Rapperswil. Dal XVI secolo l'Altopiano svizzero fu diviso in diverse zone, ciascuna delle quali con un proprio placito.

Corporazioni

A Zurigo (1336), Berna (1342), Basilea (1354) e Neuchâtel (1482) i pescatori formavano un'unica corporazione con i battellieri, a Lucerna con i macellai, a Coira con i panettieri e a Bienne con i tessitori e i bottai. Pur avendo poca importanza nella vita politica delle città, le corporazioni dei pescatori adempivano, al pari delle altre, a funzioni sociali ed economiche (attività ricreative, commemorazioni funebri e difesa degli interessi professionali nei confronti delle autorità).

Ex voto della confraternita dei pescatori e dei barcaioli di Lachen, realizzato nel 1687 (Museo nazionale svizzero, Zurigo).
Ex voto della confraternita dei pescatori e dei barcaioli di Lachen, realizzato nel 1687 (Museo nazionale svizzero, Zurigo). […]

XIX e XX secolo

Legislazione

Sotto l'influsso della Rivoluzione francese nel 1798 vennero aboliti i diritti di pesca, ritenuti privilegi feudali, ciò che portò, nonostante alcune disposizioni restrittive adottate dal Direttorio (1798 e 1802), a uno sfruttamento eccessivo. Per ragioni economiche, già nel 1803 si rinunciò al principio della libertà di pesca. L'atto di Mediazione e il Patto federale del 1815 ristabilirono la situazione anteriore, caratterizzata da molteplici regolamentazioni cantonali. Nel 1875 venne emanata la prima legge federale sulla pesca, ancora molto rudimentale, basata sull'articolo 25 della Costituzione federale del 1874. Nel 1888 ne fu promulgata una seconda, che contemplava già indicazioni riguardanti l'inquinamento delle acque; si trattava di una legge quadro in sintonia con le disposizioni cantonali e intercantonali. Emanata nel 1973, la terza legge federale attribuì grande importanza allo sfruttamento sostenibile del patrimonio ittico e all'incremento della diffusione delle specie cosiddette pregiate. La quarta legge federale sulla pesca, entrata in vigore nel 1991, aveva quale scopo di conservare o migliorare la diversità naturale e l'abbondanza di specie indigene di pesci, di gamberi e di organismi per la loro nutrizione, a prescindere dal loro valore commerciale. Per quanto riguarda i corsi d'acqua di confine, già nel XIX secolo furono conclusi accordi internazionali, indipendenti dalle legislazioni in vigore negli Stati firmatari.

Gestione dei corsi d'acqua attraverso il ripopolamento con avannotti

In origine il patrimonio ittico si rinnovava tramite la riproduzione naturale in acque libere. Nella prima metà del XIX secolo in Francia fu sviluppato un metodo di inseminazione artificiale delle uova di pesce; esse venivano incubate in impianti chiusi e, dopo la loro schiusa, i pesciolini erano immessi in acque adatte. Fu così avviata una gestione programmata dei corsi d'acqua secondo il principio del ripopolamento e della cattura. Nel 1854 a Meilen nel canton Zurigo fu costruito il primo incubatoio ittico della Svizzera; nel 1880 se ne contavano già 25. Inizialmente si seminavano gli avannotti poco dopo la schiusa delle uova; al fine di aumentare la qualità della semina, dal 1905 una parte dei pesciolini venne lasciata negli impianti di piscicoltura per diversi mesi (estivali) oppure addirittura fino alla stagione successiva. La riproduzione fu a lungo decentralizzata in numerosi incubatoi ittici di piccole dimensioni (259 nel 1932), gestiti dai cantoni e, in particolare, dalle associazioni di pescatori. In seguito si assistette a una progressiva diminuzione del numero di impianti, che divennero però più efficienti. Nel 1996 furono seminati 25 milioni di avannotti e altrettanti di pesciolini di diversi mesi. Il coregone e il luccio (nei laghi) e la trota e il temolo (nei corsi d'acqua) costituiscono ancora oggi le specie privilegiate dai provvedimenti di ripopolamento.

Riproduzione artificiale di coregoni nel 1926 nel porto di Rapperswil (SG). Film muto, 35 mm, di Willy Leuzinger (Cinémathèque suisse, Collezione Cinema Leuzinger, segnatura 19a; copia di consultazione Memobase ID CS-10_3).
Riproduzione artificiale di coregoni nel 1926 nel porto di Rapperswil (SG). Film muto, 35 mm, di Willy Leuzinger (Cinémathèque suisse, Collezione Cinema Leuzinger, segnatura 19a; copia di consultazione Memobase ID CS-10_3). […]

Pesca professionale (con la rete)

Nel XIX secolo la pesca era praticata in prevalenza con le reti. Non esistevano ancora pescatori professionisti nel senso attuale del termine. Questa attività veniva svolta a titolo accessorio per lo più da agricoltori, viticoltori ecc., che utilizzavano generalmente reti a strascico, sciabiche, reti flottanti e da fondo nonché nasse. Nel corso del XX secolo in determinati laghi venne proibito l'impiego di reti a maglie troppo strette dato che, non essendo sufficientemente selettive, potevano causare un depauperamento delle risorse ittiche. Nel 1948 si contavano 1132 pescatori con reti. Nella seconda metà del XX secolo la pesca con reti subì, tramite un intervento statale, un processo di ridimensionamento e di conversione; i cantoni ridussero il numero di licenze (nel 2008 ne rimanevano soltanto 323), rilasciandole di preferenza a pescatori professionisti che disponevano di una solida formazione. I miglioramenti dell'attrezzatura tecnica dei pescatori – soprattutto la sostituzione delle reti di cotone ritorto con quelle di materiale sintetico (monofili), sempre più fini – fece temere un nuovo depauperamento del patrimonio ittico; ciò fu scongiurato limitando il rilascio di patenti di pesca.

Pescatori professionisti sul lago di Brienz. Fotografia di Ernst Brunner, 1945 ca. (Schweizerisches Institut für Volkskunde, Basilea).
Pescatori professionisti sul lago di Brienz. Fotografia di Ernst Brunner, 1945 ca. (Schweizerisches Institut für Volkskunde, Basilea).

Pesca sportiva (con la lenza)

Nel XIX secolo la pesca con la lenza era soprattutto esercitata dalle classi popolari allo scopo di procurarsi entrate accessorie. Solo con l'industrializzazione essa si trasformò progressivamente in un'attività da svolgere nel tempo libero – il cui fine non era quindi la ricerca del profitto –, per distrarsi ad esempio dal monotono lavoro in fabbrica. La pesca con la lenza aumentò notevolmente dapprima nei fiumi e in seguito anche nei laghi; nel 1948 si contavano 80'000 praticanti. Secondo l'Ufficio federale dell'ambiente, nel 2008 erano ca. 100'000 i titolari di una patente o detentori di diritti di pesca individuali o collettivi, a cui si aggiungevano le persone che praticavano la pesca libera.

Allevamento ittico di pesci destinati al consumo

I metodi di allevamento e di riproduzione artificiale (disponibili dal 1850) e l'importazione di uova della trota iridea nordamericana (iniziata nel 1882) diedero importanti impulsi alla piscicoltura. Nei nuovi stabilimenti si allevava quasi esclusivamente la trota iridea che, grazie alla sua crescita rapida, si rivelava assai più adatta come pesce commestibile rispetto all'indigena trota fluviale. Fino ad allora molto diffuso, l'allevamento della carpa perse importanza. Inoltre l'allevamento della trota contribuì in maniera determinante alla produzione di novellame destinato alla semina nei corsi d'acqua pubblici. Nel 2004 esistevano 78 imprese commerciali di piscicoltura, la cui produzione annua ammontava a 1200 t.

Rendimento

I dati disponibili non sono confrontabili a causa della loro lacunosità e delle diverse misure di riferimento. Nel 1880 il valore dei pesci catturati si aggirava tra i 2,5 e i 3 milioni di frs. Nel periodo 1980-1989 il rendimento della pesca nei laghi di dimensioni superiori ai 10 km2 era mediamente di ca. 3000 t per i pescatori professionisti (1376 t nel 2007) e di 200 t per quelli sportivi (268 t nel 2006); nei fiumi questi ultimi catturavano ca. 300 t di pesci. Le uniche statistiche complete e a lungo termine riguardano le catture di salmone: 22,5 t nel 1880, mediamente 10,7 t tra il 1892 e il 1910, 4,2 t dal 1911 al 1931 e soltanto 128 kg nel periodo 1932-1959. Questo drastico calo fu dovuto alla costruzione di impianti idroelettrici lungo l'alto Reno e i suoi affluenti.

Associazioni

Preoccupati per la continua diminuzione delle risorse ittiche in seguito all'industrializzazione (realizzazione di impianti idroelettrici e inquinamento idrico), note personalità appartenenti al mondo scientifico, politico e della pesca fondarono nel 1883 la Federazione svizzera di pesca (FSP). Essa si poneva come obiettivi sia di difendere gli interessi della pesca in diversi ambiti (sistemazione dei corsi d'acqua e gestione e protezione delle acque), sia di promuovere misure per incrementare il patrimonio ittico e per favorire la ricerca scientifica in materia. In seguito la FSP divenne l'organizzazione mantello delle associazioni cantonali di pesca, accogliendo anche l'Associazione svizzera dei piscicoltori (fondata nel 1915) e l'Associazione svizzera dei pescatori professionisti (creata nel 1924).

Riferimenti bibliografici

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  • Liebenau, Theodor von: Geschichte der Fischerei in der Schweiz, 1897.
  • Bulletin suisse de pêche et pisciculture, 1898-1936 (pubblicato fino al 1991 con titoli diversi).
  • Schmid, Gottfried: Fisch und Fischerei. Zoologie, Fischfang, Fischereiwirtschaft, Gewässerschutz, 1952.
  • Schweizerische Gesellschaft für Statistik und Volkswirtschaft (a cura di): Handbuch der Schweizerischen Volkswirtschaft, vol. 1, 1955, pp. 472-475.
  • Dalcher, Peter: Die Fischereiterminologie im Urkundenbuch von Stadt und Amt Zug, 1352 bis 1528, 1957.
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  • Jeanneret, André: La pêche et les pêcheurs du lac de Neuchâtel. Etude historique et ethnographique, 1967.
  • Baumann, Max: Stilli. Von Fährleuten, Schiffern und Fischern im Aargau. Der Fluss als Existenzgrundlage ländlicher Bevölkerung, 1977 (19962).
  • Baumann, Max: Fischer am Hochrhein. Zur Geschichte der Fischerei zwischen Säckingen und Basel, 1994 (Argovia, 105).
  • Amacher, Urs: «Die Teichwirtschaft im Mittelalter. Vom Frischhaltebecken zum Fischmastweiher», in: Medium Aevum Quotidianum, vol. 34, 1996, pp. 68-90.
  • Amacher, Urs: Zürcher Fischerei im Spätmittelalter. Realienkunde, Sozial- und Wirtschaftsgeschichte der Fischerei im Zürcher Gebiet, 1996.
  • Locatelli, Raimondo: La pesca nel Cantone Ticino, 2 voll., 1997.
  • Amacher, Urs: «Die Fischermaien», in: Meier, Thomas; Sablonier, Roger (a cura di): Wirtschaft und Herrschaft. Beiträge zur ländlichen Gesellschaft in der östlichen Schweiz (1200-1800), 1999, pp. 279-294.
  • Vauthier, Bernard: La pêche dans le lac de Neuchâtel et les bassins voisins du Moyen Age au XXe siècle, 2003.
Link

Suggerimento di citazione

Urs Amacher; Wolfgang Geiger: "Pesca", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 15.01.2021(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/013943/2021-01-15/, consultato il 28.03.2024.