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Politica energetica

La Svizzera condusse una vera e propria politica energetica solo dall'inizio del XX sec., in concomitanza con lo sviluppo di nuove fonti energetiche, la nascita dello Stato sociale, la crescente importanza dei servizi pubblici e l'affermarsi del concetto di Energia come viene inteso dalla fisica moderna. In precedenza la questione energetica non rappresentava un ambito politico a sé stante.

Dal ME le autorità si preoccuparono di garantire l'approvvigionamento di energia, in particolare il rifornimento di combustibili. Nelle società tradizionali il legno costituiva la principale fonte energetica. Furono introdotti divieti di dissodamento, restrizioni al commercio di legna da ardere e limitazioni allo sfruttamento dei Boschi. Già nel periodo preindustriale, le autorità della Conf. promossero l'impiego di stufe più economiche e un minore consumo di combustibili. Anche l'approvvigionamento di acqua e l'utilizzazione delle forze idriche vennero regolamentati. Strettamente legate alla politica agricola e fondiaria attuata nella Conf. in epoca preindustriale, queste misure devono essere inserite nel contesto della tradizionale gestione delle risorse durante l'ancien régime.

L'affermazione del Carbone quale principale fonte di energia e, dopo il 1850, gli inizi dello sfruttamento moderno della forza idrica avvennero in gran parte senza interventi statali, ciò che era perfettamente conforme alla concezione liberale dello Stato di quel tempo. In seguito alla crisi degli approvvigionamenti di carbone prima e durante il primo conflitto mondiale - che rese evidente la dipendenza della Svizzera dalla Francia e dalla Germania -, l'economia energetica divenne parte dell'agenda politica fed. Durante le due guerre mondiali, la Conf. e i cant. istituirono uffici preposti alla gestione dei combustibili. Più tardi venne presa la decisione, motivata dalla politica di approvvigionamento, di costituire scorte obbligatorie (Approvvigionamento economico del Paese).

Dopo il 1900, con la forte crescita delle aziende idroelettriche pubbliche e private, la politica energetica si allargò anche all'ambito della produzione; l'Elettrificazione delle ferrovie (Aziende elettriche) svolse in tal senso un ruolo importante. Con le leggi fed. sugli impianti elettrici (1902) e sulle forze idriche (1916), lo Stato iniziò a regolamentare la produzione e il trasporto di energia elettrica. Sul piano cant. e com., invece, già dal XIX sec. il settore pubblico partecipò alla gestione degli impianti di produzione e dell'approvvigionamento energetico. Nel contesto del cosiddetto socialismo municipale, i com. si dotarono di proprie aziende di distribuzione dell'energia, ampliarono quelle esistenti e rilevarono centrali elettriche e fabbriche del gas private (Gas). All'inizio del XX sec. i cant. contribuirono in maniera determinante alla creazione delle grandi soc. idroelettriche.

Dopo l'introduzione dell'Energia atomica, nel 1959 il Consiglio fed. promulgò la legge fed. sull'uso pacifico dell'energia nucleare e la protezione contro le radiazioni. In seguito alla crisi petrolifera del 1973 e sotto l'influsso del primo rapporto del Club di Roma (1972), che favorì la presa di coscienza della limitata disponibilità di risorse naturali (Petrolio), venne pianificata una politica energetica globale con l'intento di controllare la produzione e il consumo di qualsiasi fonte energetica. Nel 1974 fu avviata l'elaborazione di una concezione generale dell'energia, fondata sui postulati centrali del risparmio, della ricerca e della diversificazione. Negli anni 1970-90 la politica energetica ebbe quali obiettivi principali dapprima l'economicità e la sicurezza dell'approvvigionamento e, successivamente, la riduzione dell'inquinamento ambientale attraverso la limitazione del consumo di energia e la promozione di fonti energetiche rispettose dell'ambiente. I lavori della commissione fed. per la concezione generale dell'energia sfociarono in un art. costituzionale sull'energia (art. 24octies della vecchia Costituzione fed., art. 89 di quella del 1999), accolto in votazione popolare solo al terzo tentativo nel 1991. Esso autorizzava la Conf., seppure con competenze limitate, a promuovere il risparmio energetico e l'utilizzazione di fonti energetiche ecologiche. Anche i cant. disponevano di ampi poteri in materia di politica energetica; dopo la crisi petrolifera tentarono, tramite apposite disposizioni, di ridurre gradualmente il consumo di energia negli edifici.

La crisi petrolifera, la crescente importanza della problematica ambientale e il potenziamento dell'energia atomica contribuirono a politicizzare la questione dell'approvvigionamento energetico. Il prezzo del petrolio, la sicurezza delle centrali nucleari e lo smaltimento delle scorie radioattive nonché le fonti energetiche alternative (Energia solare) divennero temi di interesse pubblico. Il Movimento antinucleare ottenne un primo grande successo nel 1975, con l'occupazione del sedime della futura centrale nucleare di Kaiseraugst. Esso riuscì sia a impedire la realizzazione di questo impianto e la realizzazione di altri progetti simili, sia a far iscrivere nella Costituzione fed. una moratoria sulla costruzione di centrali nucleari (1990). Nel 2007 la discussione sulla costruzione di nuove centrali nucleari ha ripreso vigore con l'annuncio da parte del Consiglio fed. di volere elaborare una nuova strategia energetica in cui tale possibilità è contemplata; nel 2008 sono state presentate tre domande di costruzione. In quegli anni iniziarono a costituirsi anche altre org. ambientaliste (Movimento ecologista), che si occuparono attivamente di politica energetica - un campo fino ad allora monopolizzato dai tradizionali "attori corporativi" (ass. dei produttori, dei venditori e dei consumatori) -, attribuendo a questioni tecniche, per lungo tempo discusse unicamente da specialisti, una forte connotazione politica.

In tempi recenti la politica energetica della Svizzera si è trovata al centro di interessi contrastanti. Da un lato, vi erano le richieste di una produzione energetica a basso impatto ambientale e, in particolare, di una forte diminuzione delle emissioni di gas a effetto serra; queste rivendicazioni sono sfociate nella legge sul CO2, entrata in vigore nel 2000, che fissa obiettivi vincolanti per la riduzione dell'anidride carbonica. Dall'altro lato, la liberalizzazione del mercato europeo dell'elettricità, decisa dall'Unione europea nel 1998, ha comportato un crollo dei prezzi in questo settore, in contrasto con l'obiettivo di risparmiare energia. In Svizzera la deregolamentazione del mercato dell'elettricità rimane un tema controverso; nel 2002 il popolo si è opposto a un'apertura, respingendo la legge sul mercato dell'energia elettrica. Agli inizi del 2001 la Conf. ha lanciato il programma decennale (in due fasi, 2001-2010) SvizzeraEnergia, che intende promuovere l'efficienza energetica e le energie rinnovabili attraverso la collaborazione con tutti gli attori interessati. Alla fine del 2009 il Consiglio fed. ha deciso il suo prolungamento fino al 2020.

Riferimenti bibliografici

  • Die Schweizerische Energiewirtschaft 1930-1980, 1981
  • AA. VV., Débat sur l'énergie en Suisse, 1986
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Suggerimento di citazione

Daniel Marek: "Politica energetica", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 16.08.2012(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/013794/2012-08-16/, consultato il 29.03.2024.