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Commercio estero

Il termine si applica all'importazione e all'esportazione delle merci (transazioni visibili) e dei servizi (transazioni invisibili). Il commercio estero è parte di quanto l'amministrazione fed. designa con l'accezione più generale di "economia esterna", che comprende anche la circolazione dei capitali (movimenti di Capitali) e delle persone (Migrazioni).

Scambi commerciali

Una lunga tradizione di apertura e interdipendenza

L'economia sviz. del XIX e XX sec. appare come una delle più aperte al mondo. I legami particolarmente stretti con l'estero (Commercio) sono il frutto di una lunga tradizione riconducibile alle ridotte dimensioni del Paese, alla scarsità di materie prime e, sin dal ME, al relativo sovrappopolamento in termini di risorse alimentari. Per ragioni topografiche e climatiche, la Svizzera fu presto costretta a importare cereali in grandi quantità (Politica annonaria), esportando in cambio prodotti dell'allevamento (Commercio di bestiame). Allo stesso modo, essa dovette importare fino al 1836 migliaia di t di sale per coprire la maggior parte del proprio fabbisogno. Per pareggiare la Bilancia commerciale e procurare lavoro a coloro che non trovavano un impiego nel settore agricolo, parecchie regioni (di città e campagna) diedero inizio alla produzione di manufatti, destinati innanzitutto all'esportazione; in parte già nel XIV sec. (panni di lana e cuoio a Friburgo, tela di lino a San Gallo, nell'Argovia bernese e nell'Emmental, seta a Zurigo, ecc.), ma soprattutto a partire dal XVI sec. Questa tendenza si rafforzò notevolmente nel XVIII sec. con i rapidi progressi dell'industria del cotone (Svizzera orientale), tela indiana compresa (Ginevra, Neuchâtel, ecc.). Allo sviluppo del settore tessile, che esportava la maggior parte della propria produzione, si aggiunse quello dell'orologeria (Neuchâtel, Ginevra, valle di Joux, ecc.) e di qualche altro settore specializzato (paglia intrecciata in Argovia, stampa, editoria).

Etichette (ca. 1880) della Blumer & Jenny, Schwanden per tessili esportati negli Stati Uniti e nell'America del sud (Collezione privata).
Etichette (ca. 1880) della Blumer & Jenny, Schwanden per tessili esportati negli Stati Uniti e nell'America del sud (Collezione privata).

La dipendenza dall'estero e l'assenza di un potere statale centrale non favorirono in Svizzera lo sviluppo di una Politica economica protezionistica. Il Mercantilismo elvetico ebbe quindi un'incidenza limitata sul commercio estero. Per contro, a partire dal XVI sec. i cant. e la Dieta fed. compirono grandi sforzi per ottenere privilegi commerciali dai Paesi vicini, tanto per le loro importazioni (sale, grano) che per le esportazioni (soprattutto di tessili). Per combattere il protezionismo e i blocchi commerciali degli Stati vicini, i mercanti sviz. non esitarono peraltro a praticare il Contrabbando su larga scala, con l'appoggio più o meno tacito delle autorità. Questo florido commercio estero fu seriamente compromesso dalle guerre rivoluzionarie e dal Blocco continentale imposto da Napoleone; registrò però una vigorosa ripresa negli anni attorno al 1820, grazie allo sviluppo di un'industria tessile sempre più specializzata. L'integrazione della Svizzera nell'economia intern. compì un nuovo passo, senza dubbio il più importante, con l'avvento delle ferrovie, quando il giovane Stato fed. seppe resistere alle mire espansionistiche dei suoi vicini in materia di politica dei trasporti. L'allacciamento del Paese alla rete europea - che nel dibattito dell'epoca costituì una vittoria dello spirito di apertura sulla mentalità isolazionistica - e spec. quell'evento di grande portata che fu la costruzione del traforo del San Gottardo (1872-80) posero solide basi per una "piccola economia aperta" (small open economy) integrata nell'economia mondiale tramite la compenetrazione dei mercati di beni e servizi, dei capitali e del lavoro.

La forte dipendenza della Svizzera dalla divisione intern. del lavoro che ne risultò segnò in modo duraturo la struttura degli scambi commerciali: fra le importazioni predominò, fino a metà degli anni 1950-60, l'approvvigionamento di beni essenziali (derrate alimentari, materie prime industriali ed energetiche), mentre nelle esportazioni prevalsero già in epoca moderna i prodotti manufatti ad alto valore aggiunto, che tuttavia non permisero quasi mai di conseguire eccedenze commerciali. Questa secolare tendenza al disavanzo commerciale ha potuto essere compensata soltanto da una forte specializzazione nella fornitura di servizi all'estero (mercenari, commercio di transito e trasporti, a cui si affiancarono nel corso del XIX sec. i nuovi settori in crescita: quello bancario e assicurativo e soprattutto il turismo) come pure da un saldo attivo dei redditi del capitale (grazie a collocamenti di capitali e investimenti diretti che svolsero un ruolo importante già nel XVII e soprattutto nel XVIII sec., Bilancia dei pagamenti). Siccome una parte crescente delle entrate per esportazioni proviene dalle prestazioni del settore terziario, la nozione di commercio estero deve essere estesa alle transazioni invisibili. Esse sono però poco conosciute in quanto i tentativi di analizzare queste voci della bilancia delle transazioni correnti (o bilancia dei redditi) iniziarono solo dopo il 1945. Le statistiche dettagliate per le mercanzie risalgono invece alla fine del XIX sec.

L'evoluzione generale nel contesto economico e politico internazionale

Alla fine del XVIII sec. la Svizzera disponeva in Europa di una consolidata rete finanziaria e commerciale e di salde posizioni in parecchi porti. Favorita fino a quel momento dalla sua collocazione geografica, che la poneva all'incrocio delle grandi vie commerciali, essa vide peggiorare la sua situazione nel corso del XIX sec. Con la caduta di Napoleone, dopo due decenni di turbolenze poco favorevoli agli scambi, la Svizzera dovette far fronte alla diffusione del protezionismo fra la maggior parte dei suoi interlocutori economici. Non potendo espandersi in un'Europa trincerata dietro le sue barriere tariffarie, commercianti e fabbricanti si volsero verso i Paesi d'oltremare e il Vicino Oriente, dove sorsero numerose colonie commerciali. Nella prima metà del XIX sec. la crescita del commercio estero fu contraddistinta soprattutto dalla conquista di nuovi e discosti mercati, sostenuta in alcune regioni della Svizzera da una forte crescita industriale.

Dal 1851 fino alla prima guerra mondiale, nel quadro di una vigorosa industrializzazione e nonostante la Grande Depressione degli anni tra il 1870 ca. e il 1880 ca. e le nuove reazioni protezionistiche che posero fine a una breve parentesi di Libero scambio in Europa (1846/1860-79), il volume del commercio estero sviz. registrò un incremento relativamente rapido, anche se inferiore a quello del resto dell'Europa occidentale (crescita annuale media delle esportazioni sviz. di merci: 3,6% dal 1852 al 1873 e dal 1894 al 1913, stagnazione nel periodo intermedio; Europa: 3,9% fra il 1830 e il 1913).

Nel XX sec. lo sviluppo del commercio intern. è stato molto più irregolare che nel sec. precedente. I mercati e i meccanismi monetari vennero scompaginati dalla crisi del 1929 e dalle due guerre mondiali, oltre che, dopo il 1945, dalle disfunzioni del sistema monetario intern., dall'abbandono della parità aurea nel 1971 (fine del regime di cambi fissi) e dalle crisi petrolifere del 1973 e del 1979, che arrestarono 30 anni di crescita economica ininterrotta.

Fra le due guerre mondiali, il rafforzamento delle tendenze autarchiche e il bilateralismo che caratterizzò gli anni 1930-40 (accordi di contingentamento, di clearing, di controllo dei cambi, ecc.) ridussero sensibilmente il grado di interdipendenza della Svizzera con le altre nazioni e frenarono la crescita del commercio estero, inferiore a quella del reddito nazionale (dal 1918 al 1939 aumento del totale delle esportazioni del 20%, del reddito nazionale del 25%).

Dopo il 1945, in un contesto istituzionale in rapida trasformazione a seguito del passaggio al multilateralismo e della formazione dei grandi organismi economici (OECE/OCSE, CEE, COMECON, AELS), la liberalizzazione degli scambi (GATT/OMC) pose le fondamenta, specialmente nell'Europa occidentale, per la ricostruzione del dopoguerra e per un aumento dei redditi. Lo sviluppo senza precedenti del commercio mondiale fece sentire i suoi effetti positivi in Svizzera, le cui esportazioni di beni e servizi aumentarono in termini reali del 6,8% all'anno dal 1948 al 1973. In seguito, negli anni 1970-80, le due crisi petrolifere provocarono una netta inversione di tendenza: la crisi energetica, frenando la crescita economica nei Paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo, rallentò sensibilmente quella del commercio estero sviz., tanto più che le esportazioni soffrirono a partire da quel periodo dell'alto valore del franco.

Il contributo estero allo sviluppo e alla crescita economica

Per un piccolo Paese che non dispone delle premesse favorevoli per uno sviluppo autonomo, le relazioni con l'estero rivestono un'importanza vitale. Esportando beni e servizi, esso si procura la valuta necessaria per importare i generi di cui è sprovvisto o che non è in grado di produrre. Le reti commerciali, di capitali, di informazioni e di comunicazioni allestite dalla Svizzera nel corso del tempo furono determinanti nel suo sviluppo industriale e finanziario. Alla stregua di altri piccoli Paesi sviluppati, è nel quadro degli scambi intern., più che nel ristretto mercato interno, che la Svizzera ha trovato lo stimolo per realizzare proficue specializzazioni. La lontananza dai mercati, la mancanza di materie prime e le peculiarità della domanda estera hanno favorito la produzione di beni di consumo e di investimento di alta qualità. La concorrenza spesso molto più aspra all'estero che all'interno e la mancanza, fuori dai confini nazionali, di ogni protezione statale stimolarono lo sviluppo di un sistema di adattamento permanente, rendendo il settore dell'esportazione quello più produttivo del Paese. Oggigiorno grande industria e industria d'esportazione si confondono; molte piccole imprese lavorano al loro servizio in qualità di subappaltatrici (Economia d'esportazione).

Il commercio estero esercita del resto un indubbio influsso sulla crescita economica interna, sebbene questo punto sia controverso sia fra gli storici che fra gli economisti. Le importazioni, creando concorrenza ai produttori indigeni e costringendoli all'innovazione, stimolano la crescita. Lo sviluppo delle esportazioni, d'altra parte, favorisce la crescita dell'impiego e dei redditi. Negli anni antecedenti alla prima guerra mondiale, un terzo della pop. sviz. traeva il proprio reddito direttamente o indirettamente dall'economia esterna. Negli anni 1990-2000 quasi un franco su due veniva guadagnato fuori dai confini nazionali. Già nel XIX sec., a seguito della sempre maggiore propensione verso l'estero della grande industria, la domanda di esportazioni esercitava una considerevole influenza sul ritmo di crescita della domanda globale (cioè quella delle economie domestiche, delle imprese, degli enti pubblici e dell'estero). Nel XX sec. l'esistenza di uno stretto legame fra l'andamento delle esportazioni e la crescita interna appare chiaro: l'incidenza delle esportazioni sul prodotto nazionale lordo, alta nelle fasi espansive (anni 1920-30 e 1960-70), debole nei periodi di stagnazione (anni 1930-40), indica che la loro fluttuazione può agire come motore o come freno della crescita.

Composizione del commercio estero

Sebbene le transazioni invisibili abbiano una sempre maggiore rilevanza negli scambi intern., la quota dei servizi ha raggiunto un tetto massimo negli anni 1980-90; lo scambio di merci, per contro, mantiene il suo dinamismo, occupando tuttora un ruolo centrale nel commercio estero sviz. Risp. al XIX sec., le importazioni hanno subito notevoli mutamenti che rispecchiano l'evoluzione della divisione intern. del lavoro: materie prime e prodotti agricoli ed energetici, dopo aver costituito per parecchi decenni i due terzi del valore totale delle importazioni, registrano dal 1950 una relativa diminuzione risp. alla crescente proporzione dei prodotti finiti (macchinari, prodotti chimici, orologi, veicoli, vestiti, scarpe, ecc.). Per quanto concerne le esportazioni, dove predominano i prodotti manufatti (dal 75 al 95% del valore totale), si osserva - ed è una costante dal XIX sec. - una forte concentrazione in alcuni settori industriali, in particolare nel tessile, nell'industria orologiera e dei macchinari e nella chimica. All'interno di questo insieme, l'importanza relativa dei singoli prodotti ha tuttavia conosciuto importanti variazioni, che si spiegano con le trasformazioni dell'economia mondiale (spec. con l'industrializzazione di certe regioni del Terzo mondo e lo spostamento dei vantaggi comparativi) e con la ristrutturazione industriale imposta alla Svizzera da queste trasformazioni. È nel periodo fra le due guerre mondiali che si delinearono le nuove tendenze di questo aggiustamento strutturale. I tessili, che costituivano ancora il 44% delle esportazioni nel 1912, scesero al 20% nel 1937, mentre durante lo stesso periodo l'industria dei macchinari progredì dall'8 al 16% e l'industria chimica dal 4,7 al 15,5%. Nel dopoguerra, caratterizzato dallo sviluppo di nuovi concorrenti quali il Giappone e le "tigri" asiatiche, si constatò un ulteriore arretramento del tessile, un forte declino dell'importanza relativa dell'orologeria e, viceversa, un incremento dell'esportazione dei prodotti farmaceutici.

Principali prodotti d'esportazione (percentuale rispetto al volume totale d'esportazione) 1840-1999a

 184018901900191219371953197019891999
Prodotti tessili, abbigliamento72,5%57,2%53,9%44,1%20,1%16,0%9,2%5,5%3,1%
in seta39,4%30,1%29,3%20,6%     
in cotone31,3%22,4%20,0%20,3%     
ricami9,6%11,1%12,9%15,6%5,4%2,0%0,7%0,3%0,2%
Prodotti metallici/apparecchi elettrici10,0%21,3%25,5%28,1%50,3%56,8%51,4%61,2%b52%
macchine0,1%3,2%5,9%8,1%16,1%20,7%30,4%29,6%17%
orologi8,2%14,2%15,0%13,0%18,1%21,2%11,8%7,4%7%
strumenti e apparecchi  1,0%2,8%7,0%3,1%5,3%5,7%
Prodotti chimici0,4%2,3%3,6%4,7%15,5%16,3%21,0%21,4%27%
coloranti 1,6%2,0%2,1%2,9%4,9%4,6%2,8%1,8%
prodotti farmaceutici   0,7%2,6%6,0%5,3%9,0%16%
Prodotti agricoli5,6%11,3%12,4%14,6%6,2%5,6%4,3%3,2%3,0%
formaggio 5,6%3,7%5,0%3,8%2,1%1,4%0,7%0,4%
cioccolato 0,3%1,3%3,7%0,2%0,4%0,4%0,3%0,4%
latte condensato 1,9%3,2%3,3%     
Totale88,5%92,1%95,4%91,5%92,1%94,7%85,9%91,3%85,1%

a I dati relativi agli anni citati corrispondono al valore medio su tre anni. Dato che nel corso del tempo la lista dei prodotti della statistica del commercio estero è stata più volte modificata, i dati raccolti non consentono sempre di effettuare paragoni.

b A partire dal 1989 i dati comprendono il totale dei gruppi merceologici metalli, macchine/apparecchi/elettronica, veicoli, strumenti di precisione/orologi/gioielleria.

Principali prodotti d'esportazione (percentuale rispetto al volume totale d'esportazione) 1840-1999 -   Bairoch, Paul: "L'industrie manufacturière suisse", in: Passé pluriel, 1991, pp. 256, 269; Statistica del commercio estero 1998-2000

Ripartizione geografica del commercio estero

Contrariamente a quanto avvenne nella prima metà del XIX sec., periodo di forte diversificazione geografica e di mondializzazione del commercio estero sviz., la fine del XIX e ancor più il XX sec. furono caratterizzati da una concentrazione degli scambi verso l'Europa occidentale. Fra il 1820 e il 1850 ca., i Paesi d'oltremare divennero l'area geografica più importante per le esportazioni, assorbendo attorno al 1845 i due terzi ca. delle vendite all'estero (Europa: il 36% ca.; Stati Uniti: certamente attorno a un terzo; Asia, America latina e Africa: la differenza). Più della metà delle importazioni proveniva invece dai Paesi confinanti con la Svizzera.

Dal 1850 ca., a causa di una certa saturazione dei mercati transoceanici e con lo sviluppo della rete ferroviaria continentale, la Svizzera si riavvicinò però all'Europa, sempre più punto di riferimento dei nuovi settori trainanti dell'economia sviz. dagli anni attorno al 1880. Nel XX sec., la maggior parte degli scambi della Svizzera avveniva con l'Europa (60-70% delle esportazioni totali; 60-80% delle importazioni), con la Germania quale principale partner commerciale. Un'analisi della ripartizione degli scambi in funzione dei grandi blocchi economici e istituzionali (CEE, AELS, Paesi a economia pianificata) è di scarsa utilità a causa dei vari processi di allargamento e dislocazione avvenuti nella seconda metà del XX sec. È più interessante invece constatare come l'economia sviz. si sia di fatto integrata nell'Unione europea, la cui importanza è notevolmente aumentata sia per gli scambi (dal 50 a oltre il 60% delle esportazioni annue sviz. a partire dal 1970; dal 70 all'80% ca. delle importazioni) sia per gli interessi economici generali del Paese.

Più in generale, la Svizzera commercia innanzitutto con i paesi industriali avanzati (OCSE). Per quanto riguarda le ex colonie (il gruppo dei Paesi in via di sviluppo, da cui i nuovi Paesi industrializzati, in particolare quelli asiatici, si vanno progressivamente staccando), la loro quota-parte è aumentata durante tutto il XX sec., maggiormente nell'ambito dello smercio (l'8,5% delle esportazioni sviz. nel 1900, il 18,4% nel 1992) che non in quello dell'approvvigionamento (risp. il 6,5% e l'8,4% delle importazioni). In questo modo la Svizzera consegue notevoli eccedenze commerciali, in particolare con l'Asia, compensando parzialmente il disavanzo che mantiene nei confronti dei Paesi dell'OCSE, e soprattutto di quelli della UE.

Geografia degli scambi commerciali della Svizzera 1900-1999a

  1900191019281953197019871999
Europa 79,5%74,0%69,6%56,8%67,2%66,8%65,8%
di cuiGermania 22,5%18,1%11,8%15,1%20,1%22,3%
 Austria 6,6%3,5%2,8%5,3%3,8%3,1%
 Francia 10,8%7,6%7,1%8,5%9,2%9,2%
 Regno Unito 16,8%14,5%5,0%7,3%7,7%5,7%
 Italia 7,1%6,6%9,2%9,0%8,1%7,8%
 Russia/URSS 3,5%0,3%0,3%0,4%1,0%0,4%
 Svezia 0,6%1,4%3,4%3,3%1,9%1,3%
Africa 1,0%1,1%2,4%5,0%3,8%2,6%1,6%
di cuiSudafrica 0,1%0,7%1,0%1,4%0,6%0,5%
 Egitto 0,5%0,7%1,4%0,4%0,4%0,4%
America 14,3%18,9%16,9%25,4%16,3%13,1%16,1%
di cuiArgentina 2,2%1,8%1,1%0,8%0,3%0,4%
 Brasile 1,2%1,1%2,5%1,2%1,0%1,0%
 Canada 1,8%1,9%1,8%1,4%0,8%0,8%
 Stati Uniti 12,2%9,9%14,5%8,9%8,9%12,0%
 Messico 0,4%0,4%1,3%1,0%0,4%0,7%
Asia 4,8%5,0%9,0%11,0%11,2%16,4%15,6%
di cuiCina 1,6%1,4%1,9%0,3%0,9%0,9%
 Hong Kong ---1,7%2,1%2,5%
 India 1,5%1,8%1,8%0,4%0,6%0,5%
 Iran -0,1%0,3%0,8%0,5%0,3%
 Giappone 0,7%2,3%0,7%3,0%3,8%4,1%
 Turchia 0,3%0,3%0,9%0,5%1,0%1,0%
Oceania 0,5%1,1%2,1%1,7%1,3%1,0%0,9%

a Percentuale rispetto al volume totale d'esportazione; i dati relativi agli anni citati corrispondono al valore medio su tre anni.

Geografia degli scambi commerciali della Svizzera 1900-1999 -  Bairoch, Paul: "Geographical Structure and Trade Balance of European Foreign Trade from 1800 to 1970", in: Journal of European Economic History, 3, 1974, p. 575; Bairoch, Paul: "La Suisse dans le contexte international aux XIXe et XXe siècles", in: La Suisse dans l'économie mondiale, 1990, p. 111; statistica del commercio estero 2000

La politica commerciale estera

Fino al XIX sec. gli obiettivi principali della politica commerciale sviz. furono la conquista dei mercati e la difesa del libero scambio, a cui si aggiunsero in seguito la salvaguardia dell' Approvvigionamento economico del Paese e la protezione dell'agricoltura, che nel XX sec. ne divennero due elementi portanti. Già i trattati di alleanza dell'ancien régime (con il re di Francia e il duca di Milano) regolarono le relazioni commerciali. Dopo il 1815, la Conf. non era sufficientemente attrezzata per difendere i suoi interessi di fronte alle correnti protezionistiche; nel 1822, per resistere alla pressione franc., 13 cant. e mezzo conclusero un concordato di ritorsione che dovettero però annullare nel 1824. La situazione migliorò quando la Costituzione del 1848 conferì alla Conf., assieme alla sovranità doganale, la competenza in materia di politica commerciale. Una prima tariffa doganale fed. venne stabilita nel 1851, seguita da quelle del 1841, 1884-87, 1891, 1902, 1921 e del 1960 (Dogane); il loro intento, spec. nei primi casi, era innanzitutto di carattere fiscale. Nelle tariffe del 1891 e 1902 si profilò tuttavia una svolta politica verso un moderato protezionismo. Una statistica del commercio viene allestita dal 1885.

Il corpo consolare, istituito nel 1798, venne gradatamente ampliato (38 Consolati nel 1848, 78 nel 1865, 90 ca. alla fine del sec.); il popolo rifiutò tuttavia una sua professionalizzazione nel 1895. Il segretariato del commercio del 1848 fu sostituito nel 1874 da una divisione del commercio, diventata nel 1978 ufficio fed. del commercio estero e, nel 1979, ufficio fed. dell'economia esterna; nel 1999 è avvenuta la sua fusione con l'ufficio fed. dello sviluppo economico e del lavoro, che ha dato origine al segretariato di Stato per l'economia (seco). Il suo direttore, coadiuvato dai delegati agli accordi commerciali, fu il primo alto funzionario a portare il titolo di segr. di Stato (1979). I mandati di Arnold Eichmann, Walter Stucki e Jean Hotz sono stati particolarmente lunghi (1893-1923, 1925-35, 1935-47). Fatta eccezione per un breve periodo in cui la divisione del commercio venne sottoposta al Dip. politico (1888-95), la responsabilità del commercio rimase di competenza del Dip. fed. dell'economia pubblica (e dei suoi antecessori) e la politica estera della Svizzera si limitò per molto tempo alla mera difesa degli interessi economici del Paese.

Nonostante la rilevanza sempre maggiore assunta dalle pubbliche istituzioni nella politica commerciale estera della Svizzera, l'economia privata ha sempre svolto un ruolo tutt'altro che secondario. Il direttorio (Vorort) dell'Unione sviz. del commercio e dell'industria (1869; dal 2000 economiesuisse) e l'Unione sviz. dei contadini (1897) sono interlocutori consultati e ascoltati, per esempio in occasione della discussione sulle tariffe doganali. L'ufficio sviz. per l'espansione commerciale, in origine un'impresa privata, gode oggi di uno statuto semipubblico.

La garanzia contro i rischi dell'esportazione (1958) facilita le relazioni con i Paesi del Terzo mondo, che possono beneficiare anche della Cooperazione allo sviluppo. Dal 1945 la politica economica estera, imperniata, come la politica estera in generale, sul postulato dell'universalità delle relazioni, è caratterizzata soprattutto dall'adesione a diversi organismi intern. (OECE nel 1948, GATT nel 1958/1966, AELS e OCSE nel 1960, CNUCED nel 1964, OMC dal 1995). In questo ambito gli intenti dei politici e degli alti funzionari non sempre collimano con la volontà popolare. Il popolo sviz., che nel 1972 ha accettato l'accordo di libero scambio stipulato con la CEE, nel 1992 ha respinto l'adesione allo Spazio economico europeo e nel 2000 ha accettato gli accordi bilaterali Svizzera - Unione europea, rimane tuttora diviso in merito all'ingresso nell'Unione europea.

Riferimenti bibliografici

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Link

Suggerimento di citazione

Béatrice Veyrassat; Lucienne Hubler: "Commercio estero", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 21.09.2006(traduzione dal francese). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/013776/2006-09-21/, consultato il 19.03.2024.