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Diritti politici

I diritti politici consentono la partecipazione dei cittadini con diritto di voto alla formazione della volontà politica e sono espressione dell'autogoverno del popolo. Il popolo sovrano, titolare del diritto di voto e eleggibilità, non comprende tutti gli individui soggetti al diritto, ma unicamente i cittadini maggiorenni, per lo più con domicilio nel Paese. In alcuni casi il diritto di voto è concesso anche agli stranieri. Nella storia delle ideologie politiche, i diritti politici sono stati fondati sulla base dei principi di libertà individuale e di uguaglianza. In quest'ottica la libertà non designa solo l'autonomia nella sfera privata, ma anche l'autodeterminazione politica. Dal punto di vista del diritto pubblico, i diritti politici rappresentano, oltre a delle prerogative individuali, anche l'esercizio di una funzione organica dello Stato. Su questa base è possibile legittimare anche l'obbligatorietà della partecipazione a votazioni ed elezioni, come a volte è previsto o addirittura imposto (obbligo di voto) dall'ordinamento di alcuni Stati.

Sul piano federale i diritti politici comprendono il diritto di voto attivo (diritto di partecipazione) e passivo (diritto di eleggibilità) in occasione delle elezioni del Consiglio nazionale (Assemblea federale) e il diritto di voto passivo al Consiglio federale e al Tribunale federale, il diritto di partecipare a votazioni in caso di referendum (obbligatorio o facoltativo), e il diritto di sottoscrivere e depositare iniziative popolari, referendum, proposte elettorali per il Consiglio nazionale e petizioni. I diversi tipi di referendum e il diritto di iniziativa sono l'essenza della democrazia diretta (diritti popolari). Si aggiungono, a dipendenza dei cantoni e dei comuni, l'elezione popolare degli esecutivi, dei Consiglieri agli Stati, di determinati giudici e funzionari, il referendum finanziario, l'iniziativa popolare legislativa, il diritto di revoca delle cariche (per alcuni governi e parlamenti cantonali), la mozione popolare (canton Soletta), la discussione popolare (cantone di Appenzello Esterno) e il referendum propositivo (canton Berna).

Diritti popolari nella vecchia Confederazione (fino al 1798)

L'immagine secondo cui la vecchia Confederazione era una comunità composta da antiche democrazie non corrisponde alla realtà. Certamente i cantoni a Landsgemeinde (cantoni rurali), i Grigioni e le decanie vallesane possono essere considerati delle «democrazie»: in queste regioni nel tardo Medioevo e nell'età moderna la maggioranza degli uomini adulti disponeva di diritti popolari. Tali diritti non erano però fondati sulla base del diritto naturale, ma erano legati al diritto di cittadinanza cantonale; costituivano pertanto un privilegio ereditario, dal quale i dimoranti e gli abitanti dei territori soggetti erano esclusi.

Dal XV secolo il Gran Consiglio divenne l'autorità suprema nei cantoni cittadini (città a regime corporativo, cantoni aristocratici), ma di fatto l'esecutivo, rappresentato dal Piccolo Consiglio, tendeva ovunque a estendere il suo potere. Benché i Consigli si rinnovassero interamente o in parte tramite cooptazione, ogni cittadino aveva qualche possibilità di entrare a far parte almeno del Gran Consiglio. La stagnazione economica e demografica, e l'instabilità politica favorivano una relativa apertura del diritto di cittadinanza. Fino a XVI secolo inoltrato i Consigli rimasero perciò accessibili a un'ampia cerchia di persone: l'ordinamento istituzionale di questi cantoni può dunque essere considerato come relativamente «democratico». In alcuni cantoni urbani, nel XV e XVI secolo, anche i sudditi delle campagne poterono in parte partecipare al processo decisionale politico attraverso consultazioni popolari: in questo caso non si trattava però di diritti politici effettivi, bensì di una concessione da parte delle autorità.

Dal XVI secolo i diritti di cittadinanza furono concessi in modo più restrittivo. In seguito all'aumento demografico, sia in città sia in campagna, le antiche famiglie si chiusero sempre più nei confronti dei nuovi immigrati: a questi e ai loro discendenti (i cosiddetti dimoranti) fu negato il diritto di cittadinanza e di conseguenza il diritto di voto. Inoltre dal XVI secolo si ebbe in tutta la Confederazione, ma soprattutto nei cantoni cittadini, un chiaro processo di aristocratizzazione del potere (patriziato cittadino), che restrinse progressivamente le libertà politiche.

Diritti politici sotto la Repubblica elvetica, la Mediazione e la Restaurazione (1798-1830)

La Costituzione della Repubblica elvetica del 1798 costituì una rottura rispetto alla tradizione, in quanto introdusse su tutto il territorio della Confederazione il suffragio universale maschile, anche se indiretto (sistemi elettorali). I presupposti erano l'aver compiuto 20 anni, il domicilio nello stesso comune da almeno cinque anni e la cittadinanza svizzera, che poteva essere acquisita anche dagli stranieri dopo 20 anni di residenza. Il suffragio censitario, in base al quale l'esercizio del diritto di voto dipendeva dalla disponibilità di un patrimonio minimo o al pagamento delle imposte, fu abolito. Le donne e gli ecclesiastici non potevano esercitare diritti politici.

L'Atto di mediazione del 1803 (Mediazione) prevedeva nel capitolo 20, articolo 3 che in Svizzera non esistessero più né territori soggetti né privilegi di luogo, nascita, persona o famiglia; le decisioni relative all'estensione dei diritti politici furono però lasciate ai cantoni, che reintrodussero molte delle tradizionali restrizioni al diritto di voto. Ad eccezione dei cantoni retti dalla Landsgemeinde, il diritto di voto attivo era ristretto ai proprietari di immobili; nei cantoni cittadini era inoltre richiesta un'attività professionale indipendente e l'appartenenza alla milizia. Il periodo della Restaurazione portò nuove restrizioni, nonostante le prescrizioni del Patto federale del 1815 (paragrafo 7), secondo cui il godimento dei diritti politici non poteva essere un privilegio di un'unica classe di cittadini. Nella pratica tali diritti erano riservati ai cittadini del cantone, e in alcuni casi gli aventi diritto di voto della capitale disponevano di una rappresentanza privilegiata in parlamento. Il suffragio censitario si diffuse nuovamente, perfino in alcuni cantoni a Landsgemeinde.

Estensione dei diritti politici dal 1830

Dal 1830 i cantoni rigenerati abrogarono progressivamente il suffragio censitario nelle loro Costituzioni (Rigenerazione). Ai cittadini svizzeri originari di un altro cantone furono accordati i diritti politici; anche il presupposto del servizio militare venne abolito. Tuttavia alcune disuguaglianze politiche rimasero spesso in vigore, ad esempio l'esclusione dei lavoratori dipendenti o i privilegi di cui fruivano le città.

Con la nascita dello Stato federale (1848), la nuova Costituzione federale attribuiva il diritto di voto in materia federale (articolo 63) a ogni cittadino svizzero che avesse compiuto il ventesimo anno di età, e che non fosse già stato escluso dal diritto di cittadinanza attiva dalla legislazione del proprio cantone di domicilio. La riserva relativa alla legislazione del cantone di domicilio ritardò notevolmente l'imposizione del suffragio universale maschile sul piano federale. In effetti i cantoni continuarono a escludere molti cittadini dai diritti politici, come i beneficiari dell'assistenza pubblica o coloro che non pagavano le imposte. Ai cittadini svizzeri domiciliati, ma originari di altri cantoni, l'articolo 42 della Costituzione federale assicurava i diritti politici anche a livello cantonale, con la riserva di un periodo di attesa di al massimo due anni. Tale periodo fu ridotto a tre mesi dalla Costituzione federale del 1874. Sul piano comunale continuarono a sussistere numerosi ostacoli all'esercizio del diritto di voto per chi era originario di altre regioni svizzere.

I privilegi politici legati al luogo, al patrimonio o alla posizione sociale scomparvero progressivamente dal diritto dei vari cantoni conformemente all'articolo 4 della Costituzione federale (uguaglianza giuridica), in seguito soprattutto a ricorsi sui quali dovettero pronunciarsi il Consiglio federale, rispettivamente l'Assemblea federale. Inoltre l'Assemblea federale, dovendo esaminare le Costituzioni cantonali per accordare loro la garanzia della Confederazione, vi ridusse gradualmente le disparità nei diritti politici.

Movimenti democratici (dal 1863) e ulteriori tappe di sviluppo

«Il mondo è in fiamme. Non complicate ulteriormente il compito delle nostre autorità. Votate No il 25 gennaio». Manifesto in vista della votazione federale del 25 gennaio 1942 realizzato da Noël Fontanet (Collezione privata).
«Il mondo è in fiamme. Non complicate ulteriormente il compito delle nostre autorità. Votate No il 25 gennaio». Manifesto in vista della votazione federale del 25 gennaio 1942 realizzato da Noël Fontanet (Collezione privata). […]

Nel periodo successivo al 1848 i parlamenti cantonali, come ad esempio nel canton Zurigo, furono spesso dominati da ricchi e potenti industriali. Questa egemonia politica della borghesia economica provocò la diffidenza delle classi lavoratrici. Per partecipare al potere politico, ampi gruppi della popolazione pretesero l'introduzione di strumenti della democrazia diretta al posto dell'ordinamento rappresentativo in vigore. Dopo i primi successi culminati nelle revisioni delle costituzioni cantonali di Basilea Campagna (1863) e in seguito di Zurigo, Soletta, Turgovia e Berna, il Movimento democratico rivendicò la democrazia diretta anche sul piano federale. Come primo passo fu introdotto nella Costituzione federale del 1874 il referendum legislativo; nel 1891 popolo e cantoni accettarono poi l'iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione federale. Da allora ne sono state lanciate più di 250: una di queste iniziative popolari costituzionali portò nel 1918 all'introduzione del sistema proporzionale per le elezioni al Consiglio nazionale (sistemi elettorali), mentre il successo di un'altra iniziativa nel 1921 sancì la possibilità di sottoporre a referendum i trattati internazionali. Nello stesso modo il diritto d'urgenza, al quale l'Assemblea federale aveva spesso fatto ricorso, fu fortemente limitato nel 1949 (clausola d'urgenza). Anche il diritto di necessità extracostituzionale fu abolito, contro la volontà del Consiglio federale. Nel 1991 il popolo abbassò l'età per l'acquisizione del diritto di voto e eleggibilità da 20 a 18 anni. Fallirono invece altre iniziative che chiedevano un'estensione dei diritti popolari: tra queste figurano le iniziative per l'elezione diretta del Consiglio federale da parte del popolo (1900, 1942, 2013) e quella per l'introduzione del referendum amministrativo (referendum sulle spese militari, 1987).

Il suffragio femminile, che estendeva il diritto di voto a tutti gli adulti, fu introdotto tardi: la Svizzera fece questo passo molto tempo dopo la sua adozione negli altri Paesi europei. Sul piano federale nel 1959 gli uomini svizzeri rifiutarono una revisione costituzionale in tal senso e accettarono il suffragio femminile solo nel 1971.

Donne che votano per la prima volta in occasione dell'elezione del Gran Consiglio ginevrino nel novembre del 1961. Fotografia di Donald Stampfli (Ringier Bildarchiv, RBA1-1-6412, n. 1) © Staatsarchiv Aargau / Ringier Bildarchiv.
Donne che votano per la prima volta in occasione dell'elezione del Gran Consiglio ginevrino nel novembre del 1961. Fotografia di Donald Stampfli (Ringier Bildarchiv, RBA1-1-6412, n. 1) © Staatsarchiv Aargau / Ringier Bildarchiv. […]

Negli anni 1990 la discussione sui diritti politici è stata riaperta nel quadro della revisione totale della Costituzione federale. Per non compromettere l'accettazione della revisione da parte del popolo, avvenuta nel 1999, la riforma dei diritti popolari è stata tuttavia affrontata separatamente. Nel 2003 popolo e cantoni hanno accettato una modesta revisione, incentrata sull'introduzione dell'iniziativa popolare generica: quest'ultima dava ai suoi eventuali promotori la possibilità di lanciare una proposta di carattere generale, lasciando al parlamento il compito di decidere la sua concreta formulazione e il livello (costituzionale o legislativo) a cui introdurla. L'iniziativa popolare generica si è però rivelata concretamente inapplicabile, popolo e cantoni l'hanno pertanto stralciata dalla Costituzione già nel 2009. All'interno del medesimo pacchetto di riforme del 2003 è stato anche esteso il diritto di referendum facoltativo sui trattati internazionali.

Riferimenti bibliografici

  • Ryffel, Heinrich: Die schweizerischen Landsgemeinden nach geltendem Rechte, 1903.
  • Auer, Andreas: Les droits politiques dans les cantons suisses, 1978.
  • Gruner, Erich; Andrey, Georges et al.: Die Wahlen in den schweizerischen Nationalrat 1848-1919. Wahlrecht, Wahlsystem, Wahlbeteiligung, Verhalten von Wählern und Parteien, Wahlthemen und Wahlkämpfe, 4 voll., 1978.
  • Peyer, Hans Conrad: Verfassungsgeschichte der alten Schweiz, 1978.
  • Schwingruber, Anton: Das Stimmrecht in der Schweiz. Eine Untersuchung über das Stimmrecht als subjektives Recht, mit besonderer Berücksichtigung der kantonal-rechtlichen Ausschlussgründe, 1978.
  • Herold, Peter: «Zur Geschichte des Finanzreferendums im Bunde», in: Schweizerisches Zentralblatt für Staats- und Gemeindeverwaltung 82, 1981, pp. 64-85.
  • Hangartner, Yvo: «1798-2000 und ?. Der lange Weg zum allgemeinen Stimmrecht», in: Schott, Clausdieter; Petrig Schuler, Eva (a cura di): Festschrift für Claudio Soliva zum 65. Geburtstag, 1994, pp. 127-145.
Link

Suggerimento di citazione

Andreas Kley: "Diritti politici", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 17.02.2021(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/010368/2021-02-17/, consultato il 18.03.2024.